Nel frattempo sia Carlo che Ferdinando cinsero la corona imperiale e dopo qualche anno, nel 1699, Carlo VI ottenne la pace tra la nobiltà ungherese e gli Asburgo, siglando la Prammatica Sanzione che riconosceva il legame tra la Corona ungherese e il trono degli Asburgo.
La figura più affascinante e geniale della Casa d’ Asburgo fu quella di Rodolfo IV il quale fondò l’ Università di Vienna, si annesse il Tirolo, si impadronì del Friuli e di Trento e nel 1382 triestini stessi, stanchi di essere vessati da Venezia, a chiesero prima la sua protezione, poi l’annessione all’Impero austro-ungarico.
Carlo e Ferdinando erano vicini al tramonto, ma ancora sulla breccia, grazie alle varie eredità che continuavano ad aumentare i loro domini, la Casa austriaca di Ferdinando si annesse la Stiria, la Carinzia, il Tirolo e la Carnia.
Quella spagnola di Carlo V, la Borgogna, le Fiandre, la Castiglia
e l’ Aragona, con il regno di Spagna, di Napoli e di Sicilia e con tutti i territori del Nuovo Mondo.
Anche il figlio di Carlo V, Filippo II era ormai un principe maturo per il matrimonio e lo fecero sposare due volte, la prima con la cugina Maria di Portogallo, che partorì l’infelice Don Carlos, morto molto giovane, in seconde nozze sposò la regina d’Inghilterra, Maria Tudor, undici anni più vecchia di lui, morta prematuramente.
Carlo V era nato nel 1500 ed a 47 anni non seguiva le diete e le cure che
gli prescriveva il medico, quindi soffriva per i gonfiori gottosi a tutte le articolazioni, non riusciva a camminare ed usare le mani per tutta la carne che aveva mangiata e che aveva deposto acido urico ovunque, per tutti i dolci dei quali era goloso, soffriva per le emorroidi, per tutta la birra bevuta.
Gli Asburgo tra l’altro potevano essere affetti da emofilia, cioè avevano problemi nella coagulazione del sangue, malattia a loro trasmessa geneticamente da una portatrice femmina del Casato, fatto che può anche spiegare la morte prematura di qualche membro del Casato. I frequenti matrimoni tra consanguinei aggravava il rischio di essere colpiti da questa malattia. Ogni tanto pensava alla bionda Barbara, l‘unico amore vero della sua vita.
La vera moglie, Isabella di Portogallo, fu solo una delle tante manovre dinastiche per aumentare il potere degli Asburgo. A Geronimo non pensava mai, se non ci fosse stato il fedele Quixada e sua moglie, Geronimo sarebbe rimasto uno sconosciuto e non avrebbe ricevuto la buona educazione, che lo distingueva dai giovani insulsi che giravano per la Corte e che poi scomparvero senza lasciare traccia o rimpianti.
Fu il fedele Quixada ad imporre Geronimo a Filippo e ad un Carlo V ormai
stanco e in cerca di pace che il sedici gennaio del 1556 aveva rinunciato alle funzioni regali di re di Spagna a favore dell’unico figlio principe Filippo e del fratello Ferdinando che amministrava l’estrema frontiera contro i turchi.
Carlo si ritirò nel monastero di Yiuste, sperando di trovare qui la pace.
Dalla metà del XIV secolo i turchi avanzavano senza posa nel bacino del Mediterraneo, a nord dilagavano nei Balcani, a sud si impadronivano di tutto il mondo arabo e lo scontro con Venezia fu inevitabile. Dopo l’occupazione dell’Albania si ebbero gli orrori di Cipro e di Candia , dove Jurai Mladineo venne ucciso, insieme ad Antonio Bragadin che fu scorticato vivo da Lala Mustafà.
La salma di Jurai venne prima portata a Curzola e da qui a Brac, dove Vera ed io la individuammo nel pavimento della chiesa di Pucisce.
Ricordo che le imprese dell’eroico Jurai Mladineo sono diventate canzoni popolari croate ( smurt viteza Mladinica ).
Quixada, sua moglie Magdalena e Geronimo vivevano in una casa su una collina in mezzo ad bosco di castagni, a poca distanza da dove Carlo V stava morendo. Quixada dovette correre dal vecchio imperatore che voleva dargli le sue ultime volontà: una buona pensione a Barbara, riconoscere sua figlia Margherita, avuta da Johanna van der Gheest, preparare il terreno affinché Geronimo, che aveva capito chi era suo padre, si preparasse ad inserirsi nel ruolo di figlio di un imperatore.
Anche il re di Spagna Filippo II ormai sapeva che il biondo ragazzo era suo fratellastro e Quixada preparò l’ incontro che doveva apparire una felice coincidenza. Il giorno di San Luca del 1559 Quixada portò Geronimo a caccia nel bosco. Si incontrarono con un gruppo di cacciatori, tra i quali c’era il re Filippo II che, sceso da cavallo, corse ad abbracciare Geronimo, dicendo ad alta voce: Re Carlo V era mio signore e padre, era anche il tuo. Non potresti avere avuto un genitore più illustre. Mi è fatto l’obbligo di riconoscerti come fratello. Mentre i contadini ed i cortigiani applaudivano, Filippo aggiunse: riconoscete e onorate questo giovane come figlio naturale dell’imperatore e fratello mio. Da oggi il nome di Geronimo è Don Giovanni d’Austria. Nell’ottobre del 1567 re Filippo nominò Don Giovanni d’Austria “generale del mare”, affiancandogli come vice ammiraglio un aristocratico catalano, Don Luis de Requesens, il quale fece un rapporto al re dicendo che Don Giovanni aveva un innegabile dono per questo genere di guerra.
I Saraceni nel frattempo erano diventati sempre più insidiosi, neppure l’entroterra della Spagna era sicuro. Un fatto tormentava il re Filippo, la Spagna non riusciva a produrre il grano sufficiente per fare il pane quotidiano ed ogni anno grandi navi portavano il grano dalla Sicilia alla Spagna, ma sempre con il rischio che i saraceni si impadronissero delle navi.
Dopo l’ennesima discussione Papa Pio V° aveva riunito gli spagnoli, i genovesi, i veneziani ed i croati e questa volta erano tutti d’accordo nell’escludere una nuova crociata contro i Turchi e in alternativa si doveva creare una grande flotta per affrontare decisamente i Turchi nel Mediterraneo. Rimanevano alcuni problemi da risolvere, chi avrebbe comandato questa flotta e dove era possibile trovare galeotti per tutte queste navi. Quando navigavano a vela non avevano alcun problema, quando dovevano affrontare il nemico, un ufficiale comandava tutte le manovre che i galeotti dovevano fare con i remi, per manovrare a galea. Si vinceva o si perdeva secondo le manovre.
Con quella classica ci si doveva avvicinarsi all’avversario, virare rapidamente, anche con due galeotti per remo, tenere carichi i cannoni, colpire l’avversario
con una bordata, poi virare rapidamente. Ogni nave, a secondo della grandezza, aveva bisogno dai trenta fino ai trecento galeotti.
Il Re Filippo aveva capito che costava di più fabbricare nuove prigioni, che consigliare una pena alternativa ai galeotti, per cui il motore di queste navi da guerra era costituito da atei, giacobini, rivoluzionari, folli, disperati, vittime dell’inquisizione, falsari, omosessuali, gente senza patria nè casa, ladri e così via. L’aria l’avevano buona, la ginnastica non mancava, il cibo era sicuramente più fresco che in una prigione, se qualcuno sopravviveva poteva anche rifarsi una vita e scrivere le sue memorie.
Per quanto riguardava il comandante della flotta re Filippo non ebbe dubbi.
L’uomo giusto era Don Giovanni d’Austria e nessuno ebbe il coraggio di contraddirlo. Don Giovanni si imbarcò nei pressi di Tarragona, fece issare sul pennone più alto della galeazza lo stendardo degli Asburgo e sull’asta a poppa la bandiera rossa e gialla del re di Spagna. Ritto sulla tolda della galeazza, urlò all’ equipaggio ed al timoniere: remi acconigliati a bordo, rotta 43 gradi a sud / est, tutte le vele al vento, per la gloria della Santa Lega e di Cristo Re, per la grandezza della Spagna.
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