Federico
II° (1194-1250)
Figlio di Enrico VI, era un Hohenstaufen per discendenza paterna, ma
normanno e nipote del grande Ruggero, per discendenza materna. Nacque in
Italia nelle Marche il 26 dicembre del 1194, mentre sua madre era in viaggio
verso la Sicilia. Costanza d’Altavilla, donna forte e coraggiosa, benché
in preda alle doglie per il suo primo parto, non si spaventò. Aveva
al suo seguito numerose guardie e servitori , che eressero in poco tempo,
nella piazza principale di Jesi, una grande tenda, nella quale partorì
in mezzo ad un gran viavai di vescovi e di nobili, accorsi per l’occasione,
ai quali non sdegnava di mostrare il seno turgido, perché, ormai
quarantenne, voleva smentire la voce, che la sua non era una gravidanza
isterica, cioè inesistente. Quando s’era sposata, con grande
sfarzo nella basilica di Sant’Ambrogio a Milano, era il 27 giugno del 1186.
Enrico VI, figlio del Barbarossa, aveva soltanto venti anni, mentre lei
aveva superato la trentina. Dopo otto anni di nozze infeconde, rimase incinta
e ci fu chi sostenne che era stata violentata e resa gravida dal diavolo
in persona. Comunque il 26 dicembre, nella piazza di Jesi, partorì
un maschio, che sarebbe poi passato alla storia come il più affascinante
imperatore che la Germania abbia mai avuto, tedesco solo di nome, in quanto
visse quasi sempre in Italia, occupandosi molto più della Sicilia
che della terra dei suoi avi. Trascorse la sua infanzia nel palazzo
reale di Palermo e qui, la domenica di Pentecoste del 1198, la saggia Costanza
, dopo aver riconfermata al pontefice la supremazia del papato sull’Italia
meridionale, fece incoronare re di Sicilia suo figlio di quattro anni,
nominando Innocenzo III suo tutore. Pochi mesi dopo Costanza morì,
raggiungendo, come scrisse Dante, il Paradiso: "Quest’è
la luce della gran Costanza,/ che del secondo vento di Soave / generò
il terzo e l’ultima possanza. ". Dante, naturalmente, con
licenza poetica, per Soave intendeva la Svevia. Con
la morte di Enrico VI la situazione in Sicilia diventò particolarmente
grave. L’occupazione araba era durata più di due secoli, fino a
quando, nel 1060, Ruggero il Normanno sbarcò con i suoi uomini nei
pressi di Messina. Almeno mezzo milione di coloni arabo-mussulmani si era
insediata nella parte occidentale e sud orientale dell’isola, ma questo
ripopolamento della campagna siciliana da parte dei mussulmani era stato
un fatto positivo, in quanto questi coloni ed agricoltori mussulmani coltivavano
e vendevano questi prodotti, che venivano consumati dai siciliani. I Normanni
si resero poi rapidamente conto anche dell’abilità artigianale di
questi mussulmani, i quali, con il tempo, finirono per diventare l’ossatura
dell’apparato burocratico siciliano. Grazie a questo cocktail di normanni,
arabi, romani e greci, la Sicilia diventò estremamente prospera.
Ruggero II preferiva la compagnia e la conversazione con i dotti arabi
a quella con i monaci cristiani e si guardò molto bene dall’interessarsi
di crociate, problema che stava angosciando il resto dell’Europa. Quando
Enrico VI si sposò con Costanza, figlia di Ruggero, il regno di
Sicilia passò agli Hohenstaufen e Messina accolse con entusiasmo
i tedeschi, sbalorditi di fronte alle ricchezze ed allo splendore dell’isola.
La maggior parte della nobiltà locale si sottomise all’imperatore,
mentre il popolo, al suo passaggio, si prosternava fino a terra. Ai generali
tedeschi furono concessi feudi siciliani e i cavalieri dell’Ordine Teutonico
ottennero terre confiscate all’ordine religioso dei cistercensi.
I Siciliani, che avevano accolto docilmente l’imperatore, ad un dato punto
si ribellarono, ma Enrico VI, con i soldati reclutati per le crociate,
riuscì a domare la rivolta. I ribelli furono evirati e bruciati
vivi e la sua crudeltà non risparmiò nè il clero,
nè le donne. Enrico VI rivelò la sua mente malvagia, che
gli valse la qualifica di Enrico il Malvagio, imprigionando ed uccidendo
i discendenti di Ruggero, ad uno dei quali fece inchiodare sul capo una
corona di ferro arroventata. Enrico VI morì in Sicilia nel
1197 a 32 anni, probabilmente di malaria. Una serie di baroni tedeschi
si impadronì di Palermo e del giovane Federico e, con la morte di
suo padre, iniziò un periodo di completa anarchia, con tumulti razziali.
L’amministrazione dell’isola fu distrutta, con perdita dei posti di lavoro,
disoccupazione e miseria. La tranquilla convivenza tra siciliani ed arabi
mussulmani si infranse, molti mussulmani, rimasti senza lavoro, dovettero
emigrare nel Nord-Africa, mentre molti dei rimasti si organizzarono in
bande, mettendosi a rubare ed a rapinare la popolazione ed i contadini,
i quali, per paura, abbandonarono il lavoro dei campi, provocando carestie,
nuovi tumulti razziali, aggressione di interi villaggi e di castelli. Occuparono
anche la città ed il porto di Agrigento, avendo bisogno di un porto
per mantenere i contatti con l’Africa. Anche in Germania la morte di Enrico
VI provocò una dura lotta per la successione alla corona imperiale.
Il re d’Inghilterra sosteneva la candidatura del sassone Ottone di Brunswick,
il re di Francia quella di Filippo di Svevia, fratello del defunto Enrico
VI, senza tenere in alcuna considerazione il giovane Federico, perché,
secondo loro, la Germania aveva urgente bisogno di un imperatore e non
poteva aspettare che Federico raggiungesse la maturità.. Innocenzo
III fu molto ambiguo verso il suo pupillo, dapprima sostenne Ottone, il
quale aveva promesso, in caso di vittoria, ampie concessioni territoriali
alla Chiesa, smentendo poi tutto... Innocenzo III lo scomunicò
e gli contrappose, come candidato all’Impero, il giovane Federico, favorendo
la sua coalizione con il re di Francia, Filippo II Augusto, contro quella
di Ottone, sostenuto dal re d’Inghilterra Giovanni Senza terra. Il
27 luglio del 1214 i due eserciti si scontrarono nella battaglia di Bouvines,
villaggio della Francia nord-orientale e fu una delle più sanguinose
di tutto il Medioevo, la prima in cui un esercito francese si trovò
di fronte un esercito tedesco, suggellando la supremazia della Francia
su tutta l’Europa per oltre quattro secoli e determinando una grave crisi
all’interno del Regno Unito. Quando Federico, a soli sedici anni,
nel 1210, prese in mano il potere, uno dei primi problemi da risolvere
fu quello di riportare l’ordine in Sicilia, anche per le continue lamentele
ed esortazioni della Chiesa. Il papa, forse per stimolarlo e consolarlo,
gli procurò una moglie ricca ed esperta, la vedova venticinquenne
del defunto re d’Ungheria, anche lei di nome Costanza, che fu per Federico
intelligente consigliera, madre e moglie affettuosa ed esperta amante.
Fu un matrimonio combinato, ma molto ben riuscito, che lo rese felice per
molti anni. Quando Costanza morì, Federico, piangendo, pose la sua
corona reale sul sarcofago della moglie. Nel 1212 Federico tornò
in Germania per essere incoronato re, cerimonia ripetuta ad Aquisgrana
dopo la battaglia di Bouvines e nel 1220 cinse la corona imperiale. In
quella occasione promise al papa di guidare una crociata. Quando
Innocenzo III morì, Federico ritenne che la promess1a non era più
valida , ma il nuova papa, Gregorio IX , la pensava diversamente e gli
pose l’alternativa,organizzare la crociata o essere scomunicato. Si mise
subito in viaggio, ma da persona intelligente e colta, sembra che parlasse
varie lingue, appena arrivato in Asia Minore, invece di cominciare a combattere,
si incontrò con il sultano Malik al Kamil, concludendo con lui una
pace decennale, con la quale Gerusalemme e Nazareth veniva restituita ai
cristiani e lo stesso anno si fece anche incoronare re di Gerusalemme.
Il papa Gregorio IX, mentre Federico era alla crociata, forse nella speranza
che venisse ucciso, aveva invaso una parte del regno di Sicilia ed al ritorno
di Federico fu da lui duramente sconfitto e costretto alla pace di San
Germano (1230). Sperando di avere un po’di pace, Federico, dopo otto
anni di assenza, ritornò in Sicilia per riorganizzare quello che
considerava il suo regno. Nell’isola la situazione non era migliorata .
Durante la sua assenza molti nobili e molti ecclesiastici avevano usurpato
i suoi diritti, il papa aveva elargito baronie ai suoi amici, una parte
della Sicilia pretendeva l’indipendenza. Mai Federico era stato così
autoritario e scatenò un’offensiva per ristabilire l’ordine. Chiese
ed ottenne la collaborazione dei baroni siciliani, affamò letteralmente
i suoi oppositori, bruciando i loro raccolti. Con il suo ritorno la situazione
migliorò rapidamente: distrusse castelli e fece bruciare proprietà
abusive, le leggi normanne tornarono in vigore, la gente ricominciò
a pagare i tributi. Federico convocò a Melfi in Basilicata
una dieta per discutere un documento elaborato dai suoi legali, documento
che oggi potremmo definire programma o piano quinquennale di ristrutturazione.
Dopo un’ampia discussione, divenne nel 1231 legge dello stato e passò
alla storia come “Costituzione di Melfi”.Tale programma, che disciplinava
la vita del regno di Sicilia, prevedeva tutto quello che concerne l’amministrazione
di uno stato, la gestione della giustizia e di tutte le attività
produttive, come le miniere, le saline, l’agricoltura e la produzione della
seta. Federico fu inesorabile, spesso crudele, fece radere al suolo interi
villaggi, esiliando migliaia di mussulmani, non a causa della loro religione,
ma solo perché erano ribelli e non accettavano la nuova situazione.
Aveva ereditato uno stato feudale che si stava disgregando ed aveva compreso
che la sua corte non poteva più essere un accampamento militare,
come ai tempi di Carlo Magno, non si poteva più convocare una dieta,
come il Barbarossa a Roncaglia, per discutere solo di “regalie”. Federico
aveva compreso che il capo di un impero doveva avere la capacità
di dare allo stato una organizzazione ed una struttura ben stabile, provvedendo
non solo alla difesa ed alla sicurezza dei cittadini, ma anche alla diffusione
della cultura, dell’arte e della scienza. Con lui, esempio tipico
di dittatore illuminato che pensa a tutto e per tutti, Palermo divenne
il centro culturale più importante d’Europa. In lui vivevano due
personalità, quella di sovrano potente ed illuminato e quella di
uomo estroso e versatile, libero pensatore, incline alla tolleranza verso
Saraceni ed Ebrei, amante della cultura e delle scienze. Fece costruire
in tutto il meridione, magnifici castelli, tipico il Castel del Monte in
Puglia, qualcuno disegnato e progettato da lui personalmente, fondò
l’Università di Napoli, prima scuola non sostenuta ed indipendente
dalla Chiesa, dove insegnò Tommaso d’Aquino. Conosceva i classici
, anche quelli arabi, di cui parlava la lingua, oltre il latino, il greco
e l’ebraico, cultore di scienze, scrisse il “Trattato
sulla falconeria”, contrastando osservazioni aristoteliche,che riteneva
errate. Amava la poesia ed ebbe il merito di permettere che alla sua corte
si affermasse il “volgare” al posto del latino, componendo lui stesso poesie,
di cui ricordo “Dolze meo drudo”, da lui composta
nel 1220. Avido di ogni sorta di piaceri, non era un uomo perfetto, dedicava
buona parte del suo tempo libero alla caccia, amava la natura, i boschi,
amava vestirsi di verde, colore delle piante e, nel medioevo, anche dell’amore,
amava i giardini con fontane zampillanti, come solo gli arabi sanno costruire,
con grandi vasche, nelle quali poteva rinfrescarsi. Alla sua corte non
vivevano solo poeti e scienziati, ma anche suonatori, giocolieri, belle
danzatrici, con le quali, robusto amatore, era solito appartarsi. Dopo
la morte della moglie Costanza solo due donne ebbero importanza per lui,
Isabella d’Inghilterra, che morirà nel 1246, e Bianca, donna bellissima,
figlia del nobile siciliano Bonifacio Lancia, che viveva nel castello di
Brolo, nei presi di Messina. Da questa unione nacquero Costanza, futura
imperatrice di Nicea, Enzo e Manfredi.
Federico non aveva un aspetto imponente, non era alto e biondo come
suo nonno il Barbarossa. Di altezza media, a venti anni aveva i capelli
rossi ed era miope, a trenta anni era già calvo, ma, non ostante
l’aspetto poco brillante, aveva una grande autostima, era soddisfatto di
essere nato il 26 dicembre, quasi come Gesù Cristo, ma, soprattutto
di essere nato a Jesi, della quale scrisse:
“ Tu, nuova Betlemme delle Marche, non sei la
più piccola tra quelle appartenenti ai Signori della nostra stirpe,
perché hai dato i natali al principe dell’impero romano.”
Parlando e scrivendo della sua vita, ovunque si scorge l’ombra del suo
genio, non certo quella della modestia. Posso immaginarmi le sue
parole se avesse saputo che per la storia sarebbe stato lo “stupor mundi”. |