parte venticinquesima O est babbu o carr’’e linna o est mamma o cedra de palla. È babbo o carro di legna, è mamma o un graticcio di paglia (carro con graticcio pieno di paglia; il graticcio era solitamente di canne e giunchi). Un paradosso! Ogus pintulinus stampa cadinus, ogus braxus stampa cadaxus. Occhi picchiettati buca ceste, occhi celesti buca caldaie. Sono credenze popolari. Oi a mei cras a tui: a dì, a dì su casu. Oggi a me domani a te….il formaggio (la sorte). Il termine “casu” in sardo significa formaggio, derivato da caseus latino, oppure da caso, sorte, fortuna, da casus latino. Senz’altro nell’espressione sarda si riscontrano ambedue i sensi. Onnya cosa benit e bandat, (foras de su fueddu de Deus). Ogni cosa viene e va, (fuorché la parola di Dio). Anche gli uomini, vengono e vanno, “come nuvole passeggere”, dice Rodari, e svaniscono all’orizzonte; oltre la siepe o precipitano nell’orrido immenso abisso di Leopardi; ma i grandi rimangono, nella mente dei vivi, //… e finché il Sole // risplenderà su le sciagure umane //. di Foscolo. Ma la parola di Dio non muore, se non altro, per chi crede…//brilla nel guardo errante // di chi sperando muor //. (Manzoni). Onnyùnu scraffit s’arrùnja sua. Ciascuno graffia la propria rogna. A ciascuno le proprie gatte da pelare. È proprio così, perché nei momenti del bisogno ti ritrovi solo ed abbandonato! Pagu beni mannu. “Poco bene grande”. È una tipica espressione (proprio sarda) che si usa in risposta al latino utinam (voglia il cielo che…) per indicare una cosa che si desidera, ma della quale si hanno poche speranze. Quando una persona ci augura un bene, noi rispondiamo così – pagu beni mannu – come a dire che, ci augurano avvenga quanto desideriamo, ma di cui abbiamo perso, quasi interamente, la speranza. Pagu beni tuu. Poco bene tuo. Con lo stesso significato del precedente, ma personalizzato. Pagu genti festa bella. Poca gente festa grande. Non è proprio così! È comunque un proverbio di consolazione per gli organizzatori di una festa o di un festino, a cui hanno invitato tante persone, che però arrivano in numero ridotto. “Tutto quello che c’è ce lo godiamo in pochi”! “Pagu genti festa bella”! Si dice appunto, col sorriso sulle labbra; ma si tratta di un sorriso a denti stretti, di tipo pirandelliano. Pampa meda e braxa nudda. Molta fiamma e poche braci. Dicesi di un avvenimento che prometteva grandi cose e che invece si risolve con poca sostanza: tutto fumo e niente arrosto! Universale! Il proverbio si adatta anche alle persone che da bambini o ragazzi sembrano di grande ingegno e poi invece risultano mediocri. Questo avviene spesso nel mondo dello sport e dello spettacolo. Ancora meglio il detto si adatta al mondo della politica, dove, quasi sempre, le grandi fiammate iniziali e promesse, danno pochissime “braci”. Pani e casu e binu arrasu. Pane, formaggio e vino a raso (vino a bicchieri pieni). L’espressione segna spesso la fine della storia: “ Dha iant accabàda a pani e casu e binu arrasu e si nci fiant torraus a domu cun dh-u’ ciliru ‘e binu e u’ frascu ‘e pistoccu”! = “La finirono a pane e formaggio e vino a bicchieri a raso e se ne tornarono a casa con un setaccio pieno di vino ed un fiasco di biscotti”!!! Pani moddi e pagu gana. Pane appena sfornato e brutta voglia…tengiast (tu abbia, o tengat (abbia egli) o tengant (abbiano) – aggiungiamo. È solitamente usato come rima in “ana”, in senso negativo. Quando ci chiedono o ci dicono qualcosa che termina in “ana” e non condividiamo la sostanza della richiesta o del riferimento, rispondiamo così. Pappa pagu e comporadindi. Mangia poco e compratene. Quando ci chiedono qualcosa che non vogliamo cedere perché ci è costata tanti sacrifici, rispondiamo così: come a dire: “ sacrifica anche tu e l’avrai”! Pappai pani de setti forrus. Mangiar pane da sette forni. È riferito alle comari o pettegole, che raccolgono e riportano “coram populo” i più svariati pettegolezzi. Pappau su para mannu si pinnicat sa mesa. Dopo che ha mangiato il priore (in convento) si ritira la tavola. Sono le regole del convento. Questo detto si usa generalmente dove ci sono figli giovani che non osservano gli orari di mensa, stabiliti in base alle esigenze del capofamiglia. Parrit unu Santu sen’’e festa. Sembra un Santo senza festa. Si usa dire così quando si incontra una persona estremamente triste. Per verificare la bontà del proverbio recatevi in chiesa, nella cappella di un santo non più festeggiato, osservate con attenzione e da vicino il viso del simulacro e avrete l’opportunità di constatarne l’immensa tristezza! Passau su Santu spacciàda sa festa. Passato il Santo (con la processione) finita la festa. Per le feste paesane in onore dei Santi di solito si fa una questua, il cui ricavato serve appunto per fare la festa. Quando il ricavato dalla questua era ridotto e c’era appena il denaro per “pagare” la celebrazione religiosa e tutt’al più qualche soldo per alcuni razzi e petardi da far esplodere durante la processione, la festa finiva lì, appunto col passaggio del Santo. L’espressione si usa inoltre per le feste dei poveri, quando i soldi sono “contati”! Peccau de babbu dhu prangint is fillus. Il peccato del genitore lo piangono i figli. Ancora oggi può capitare che gli errori e le colpe dei genitori ricadano sui figli. Perdi latti e casiddu (o casilloni). Perdere il latte ed anche il secchio. Significa perdere tutto. È il massimo della sfortuna che può capitare ad uno in un affare: di perdere tutto, persino il “contenitore”! Perdi sa cassola po tres arrialis de pibiri. Perdere lo zimino per pochi centesimi di pepe. Talvolta può capitare di spendere un bel po’ di soldi per preparare un pranzo per ospiti d’onore e per un nonnulla, cioè per una piccolissima ulteriore spesa, si fa una figuraccia. Il proverbio bene si adatta anche a tante altre situazioni. A proposito tres arrialis (in uso sino agli anni 40 del XX° sec.) era la moneta del valore di cinque centesimi di lira. Petza niedda brodu saporiu. Carne nera brodo saporito. È un detto inventato dai cacciatori. Quando infatti questi tornano a casa con poca roba e tutt’al più con qualche ghiandaia, presa tanto per non rientrare col carniere vuoto, davanti alle loro consorti, per niente soddisfatte della selvaggina, esclamano per farsi perdonare: “Sono buone per il brodo”! “Petza niedda, brodu saporiu”! A fine agosto del 1971, mi trovavo a Stazione Termini, in attesa di partire per Civitavecchia per il rientro in Sardegna: ero militare, con un commilitone cagliaritano. Mi capitò di incontrare un vecchio amico della scuola elementare, arruolato in polizia, ma era in abiti borghesi e andava insieme ad una ragazza di colore. Ho salutato con stretta di mano ed alla mia evidente “curiosità” per la sua compagna, prima che pronunciassi parola, esclamò: “ Petza niedda, brodu saporiu”! Picciocheddu de crobi. Ragazzino da canestro (cesta). È un detto più che altro cagliaritano. Le signore di Cagliari usavano un tempo, quando si recavano nei negozi o al mercato per le compere, portarsi appresso un ragazzino con la cesta in testa per depositarvi la spesa. Pigatidha muru, muru. Prenditela muro, muro. Quando facciamo una proposta ad un amico o collega, per cui riteniamo sia di vantaggio, al suo diniego rispondiamo così: “Pigatidha muru, muru”! come a dirgli: “ Vai in malora”(Bai in ora mala)! Pilloni chi no biccat hat biccau. Uccello che non becca ha già beccato. L’espressione si rivolge alla persona invitata a mangiare qualcosa, anche di prelibato, che però rifiuta. Per cui noi pensiamo che abbia già mangiato. Il proverbio si adatta anche ad altre situazioni, che non hanno le vivande come oggetto del “beccare”! Po andai a festa onnya mandròna est lesta. Per andare a festa ogni poltrona è lesta. È riferito alle donne “poltrone”, che trascurano un po’ le faccende domestiche e che invece sono sempre pronte per andare alle feste. Per certo è un proverbio che si adatta anche ai maschi, a quelli poltroni, ovviamente. Po malu paralimpu mellus dhu fatzu deu e tottu. Se l’ambasciatore (il pronubo, paraninfo) non è capace, è meglio che lo faccia da me. Spesso affidiamo ad incapaci determinati nostri affari, che invece potremmo risolvere meglio noi stessi. |