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Dicius ovvero Detti e proverbi del Campidano di Sardegna
parte ventiquattresima

Nomenau su molenti, labìdhu presenti. Nominato l’asino eccolo qui. Questa espressione si usa per scherzo quando, in mezzo ad un gruppo si discute di una persona assente, che arriva improvvisamente. Poiché trattasi di un detto comune a tutta la Sardegna, la persona interessata, pur presa per asino, solitamente non se la prende.

No nc’est mali sentza de intzimìa. Non c’è male senza causa. Ogni male ha sempre una causa alla sua origine; in verità intzimìa ha il significato di inganno, macchinazione. E quindi è riferito, non tanto ai mali naturali, quanto invece a quelli causati direttamente dall’uomo, ad esempio: le guerre.

No timast is mortus, ma timi is bius. Qualcuno crede  ancora che i morti tornino in vita per far male ai vivi: fesserie! Il vivo, il male, se lo deve aspettare dai vivi, non certo dai morti, i quali ormai non sono più in grado di offendere nessuno.

No dhu pagat dinai (oru). Non lo paga denaro (oro). L’espressione si usa per indicare quelle persone che credono di essere di invidiabile importanza (millantatori). Noi commentiamo così: “ Jessu! No dhu pagat dinai”. “Perbacco (Gesù)! Vale più di tutto l’oro del mondo”.

No teni nì arti e nì parti. Non avere né arte né parte. Si dice così quando uno non ha niente a che fare in un affare, in un contesto, in una situazione.

No has andai a cresia po sa penitentzia. Non andrai in chiesa per la penitenza. Si dice così ad uno che ha compiuto un errore, una mancanza, un atto non dovuto, per cui è prevista la pena. Ma  la quantità e la qualità della punizione non le conoscerà per certo dalle parole del prete e non basteranno le preghiere!

Nieddu che sa pixi. Nero come la pece. E’ un detto comune che si usa per indicare un oggetto, un animale, una persona completamente neri. Umanamente parlando, per dare risalto ad una situazione psicologica particolarmente scabrosa, a marcato avvilimento, ad un momento di ansia dovuta ad una lunga attesa o ad altre situazioni per lo più dolorose. “Seu nieddu che sa pixi”! = “Sono nero come la pece”!

No ballit un arriàli. Non vale un “reale”. Si dice comunemente di una persona che non vale niente o quasi. Un arriàli era una moneta del valore di poco meno di due centesimi, non di Euro, ma di Lira, con valore riferito ai primi decenni del ‘900; allorquando con 100 lire uno si pagava il viaggio in America!

No dhi bastat nì birdi e nì siccau. Non gli basta né verde né secco. Il detto si adatta agli scialacquatori in primo luogo, ma anche agli avidi. L’avidità dell’ingordo non ha limiti. // Ed una lupa, che di tutte brame // sembiava carca ne la sua magrezza, // e molte genti fé già viver grame…” L’avidità umana è rappresentata da Dante nel 1° canto dell’Inferno, con la lupa.

Naramidha cun chini bàndas e t’happ’a nai a chini ses. Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. Universale. È un vecchio proverbio, sempre valido, anche se vi sono eccezioni.

Nemus nascit imparau. Nessuno nasce colto. La cultura si apprende. Il bambino impara da quello che vede, sente, ode e tocca, dai genitori in primo luogo e poi a scuola dai docenti e dai compagni, dalle cose che sente, vede e tocca, dai mezzi di comunicazione e dal prossimo in genere.  Quando però vediamo un bambino che apprende più facilmente e velocemente degli altri diciamo subito: “ Balla! Cussu est nasciu imparau”! “Perbacco, quel bambino è nato già colto (“imparato”)!

No mi nd’intrat, no mi ndi bessit. Non mene entra, non mene esce. Per dire che non ce ne importa niente di un fatto o di una notizia in genere.

No arriast mai de is malis de is atrus. Non ridere mai delle disgrazie degli altri. Porta male ridere dei mali altrui. Si crede, comunque. Per certo, se palese,  è un atteggiamento che può offendere seriamente.

No disigist su chi no podis teni. Non desiderare ciò che non puoi avere. Capita talvolta a molti di desiderare cose impossibili o quasi. La prudenza ci invita a tirarci indietro in tempo, onde evitare situazioni imbarazzanti.

Nì sabudu sentz’’e soli, nì femmina sentz’’e amori. Né sabato senza sole, né donna senza amore. Il sabato è la vigilia della domenica e quindi del riposo e si spera sempre che sia chiaro e soleggiato (in tutti i sensi); la donna è il simbolo dell’amore (in tutti i sensi).

No dispretzist mai cosa in domu allena. Non disprezzare mai una cosa in casa altrui. È necessario ed opportuno essere “brillanti”, soprattutto in casa d’altri. Diceva un Signore d’altri tempi: “Prima di osservare la pagliuzza nell’occhio altrui, vedi il trave che c’è nel tuo”!!!

Nì femmina, nì tela, a luxi de candela. Né donna, né tela a luce di candela. Certe scelte è opportuno farle alla luce del sole!

No teni fillus e prangi fillastus. Non avere figli e piangere figliastri. Quando uno piange per cose che non lo riguardano etc.


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