parte diciassettesima De centu cosas trotas no ndi bessint duas paris. Fra cento cose storte è difficile trovarne due pari. Questo detto si adatta soprattutto alle persone e indica i “centomila” volti della pazzia umana” (su macchìmini). De cussa linna faint is santus. Di quel legno fanno i santi. L’espressione si adatta a quelle persone che, pur provenendo da ceti popolari più bassi, riescono a sollevarsi più in alto nella scala sociale. È il contrario di “truncu ‘e figu, astua ‘e figu” = tronco di fico, trucioli di fico! De festa in festa che cuaddu curridori. Di festa in festa come i cavalli da corsa. Un tempo durante le feste popolari e religiose, le attrazioni più belle per la gente del luogo e per i visitatori erano la corse dei cavalli e soprattutto is pariglias. Il detto è una severa critica contro quelle persone che sono sempre presenti a tutte le feste (uomini soprattutto) e trascurano spesso il lavoro e la famiglia. De innoi a si movi, si morrit su molenti de s'arrisu. Da qui a muoversi, muore l’asino dalle risate. L’espressione sta ad indicare il comportamento di chi è molto lento nel portare avanti un lavoro, ma soprattutto di chi tentenna tanto prima di prendere una decisione. De is aterus ti podis fui, de tui no! Dagli altri puoi scappare, da te stesso no! Un prigioniero può fuggire dalla vigilanza più stretta possibile, ma non potrà mai fuggire dalla propria coscienza. È un proverbio pieno di alto significato morale e quindi sempre valido per tutti i popoli della Terra. De Levanti a Ponenti. Da Levante a Ponente. Si dice così quando si vuole esagerare su una distanza. De malu pagadori tirandi su chi podis. Da un debitore difficile accontentati di quanto riesci ad avere. Vi sono quelli che non pagano mai i debiti, quindi riuscire ad ottenere qualcosa da loro è una grandissima vittoria. Qui da noi il “comparatico” è di tre specie: primo è quello di battesimo o cresima; secondo è il comparatico dei Fiori ( del giorno di San Giovanni 24 giugno); il terzo è quello del debito: gomai o gopai de dèpidu. De nudda no si fait propiu niente. Dal nulla ci ricavi un bel niente. Il proverbio viene usato per indicare lo stato di assoluta indigenza economica; la situazione di estremo imbarazzo mentale o di nichilismo assoluto. È inutile tentare di cavare qualcosa da una zucca vuota! De onnya erba u’ fasci. Di ogni erba un fascio. Universale. Fare di ogni erba un fascio significa mettere alla rinfusa molte cose, oppure giudicare tutti alla stessa stregua, oppure vivere disordinatamente, senza regole, alla giornata, alla rinfusa. De paskixedda in susu frius e famini in prusu. Da Natale in su freddo e fame in più. Per i poveracci dopo Natale cominciava il vero inverno, con freddo e gelo e fame in abbondanza (a conch’ y ’enùgu = a testa di ginocchio: tipica espressione per dire in grossa quantità). De sa peddi ndi faint is corrias. Dalla pelle si fanno le corregge. È come spremere un limone già spremuto. Che cosa si può pretendere da un uomo che non ha più niente ed al quale è rimasta solo la pelle? Solo le corregge! Si dice anche: De su boi ndi faint is corrias: del bue fanno le corregge. Come a dire: di quello che rimane dopo che è stato sfruttato sino alla vecchiaia; così come abbiamo detto per l’uomo anziano, al quale è rimasta soltanto la “vecchia” pelle. De sa crai a sa cricca. Dalla chiave al chiavistello. Passa poca differenza. L’espressione si usa per caratterizzare due persone che hanno tantissime cose in comune (in senso negativo), con lo stesso significato di altre espressioni come: de galèra a presoni (dalla galera alla prigione); de Sant’Antoni a su Spidali (da Sant’Antonio all’Ospedale)ed altre. Oggi il detto si può applicare a certi uomini politici, di centro destra o di centro sinistra. Ad esempio quando si parla delle grandi riforme sociali ed economiche per la Sardegna: prima c’era il Centro Sinistra a governare, oggi c’è il Centro Destra…o viceversa: de sa crai a sa cricca o de galèra a presoni passat pagu differentzia (c’è poca differenza)! De sa matta arruta si fait linna. Dall’albero caduto si ricava legna. Quando l’albero cade rimane ben poco da fare. Quando in una casa cadeva il tronco, cioè il capo famiglia, il resto andava spesso alla deriva. De spisai e de basai no ti ndi prandis mai! Di mangiar semini o di baciare non sei mai sazio! Le cose di poca importanza riempiono la vita degli uomini, ma per i sardi si tratta di frivolezze, che lasciano il tempo che trovano. De su cancuru a s'arrabiu. Dal cancro alla rabbia. C’è poca differenza. Come in precedenza “de sa crai a sa cricca” ed altri. De su cantidu si conoscit su pilloni. Dal canto si riconosce l’uccello. Quando ci avviciniamo ad un luogo dove si svolge un’assemblea, un dibattito, un raduno di amici e parenti o comunque si sente il vociare di un gruppo di persone e riconosciamo una voce in particolare, perché più grossa o più arrogante o più pungente delle altre, ci viene spontaneo dire: “La! De su cantidu si conoscit su pilloni”! Solitamente usiamo il termine pilloni in senso negativo”! “Pilloni bonu jei est! Per indicare un poco di buono. De su chi ti timis no ti ndi salvas. Da quel che temi non scampi. Universale. Quando si fa un torto bisogna aspettarsi la ritorsione, a parole e spesso anche a fatti. Oppure: se hai paura o il presentimento morboso di una cosa, non scampi. Vedi: gelosu ses, corrudu morris! = sei geloso, morirai cornuto! De su didu nci lompis a su guidu. Dal dito al gomito. Chiedi un dito ed arrivi al gomito. Questo detto si può applicare a tante situazioni che caratterizzano la cupidigia dell’uomo. De su fruttu si conoscit sa matta. Dal frutto riconosci l’albero. E quante volte è capitato anche a voi di guardare il volto di un bambino o una bambina e di risalire subito ai genitori? E l’insegnante elementare che nel bambino rivede il genitore, che magari era suo compagno di studi. Questo proverbio viene generalmente usato a fin di bene, mentre ve n’è un altro “truncu ‘e figu, astu’e figu” , che solitamente viene usato in senso negativo. De su pagu pagu de su meda nudda. Del poco poco dal molto niente. Siamo di nuovo di fronte ad una di quelle situazioni che caratterizzavano l’economia di molte famiglie sarde: era necessario accontentarsi del poco. Il proverbio si estende ad altri sensi oltre quello economico e sociale. De su saccu no ndi bessit su chi no dho-y est. Dal sacco non esce quello che non c’è. Spesso da certe persone ci aspettiamo cose impossibili, che non possono assolutamente offrirci, dalle quali non può uscire ciò che non hanno. Perché pretendiamo tanto dai nostri uomini politici, quando dal loro “sacco” può uscire assai poco? De su surdu no fueddist mali, de su tzurpu no ti beffist. Del sordo non devi parlare male, del cieco non devi beffarti. Provate invece a beffarvi del sordo ed a parlare male del cieco se volete avere una degna risposta ai vostri insulti! De una cincidda ndi podit bessì(ri) unu fogu mannu. Da una scintilla può scaturire un grande incendio. Può avere senso tanto negativo quanto positivo. Da una piccola iniziativa può sorgere una grande impresa. Da una piccola lite può nascere una guerra. De una spina ndi bessit una rosa. Da una spina una rosa. Esempio: da genitori di basso livello culturale può nascere un premio Nobel. È un proverbio universale ed è esattamente in senso contrario al detto, “truncu ‘e figu, astu’’e figu”. Il proverbio si può applicare a tantissimi altri casi umani. Deus aggiudit s'arriccu ca su popuru jei s'arrangiat. Dio aiuti il ricco, poiché il povero se la cava. “Tristu e miserinu s’arriccu su poburu jei s’arrangiat” L’espressione è ancora molto usata in tutte le parti della Sardegna. Noi abbiamo sempre avuto l’impressione che sia stata inventata dai ricchi, per difendere il proprio benessere ed impedire, appunto ai poveri, di attentare ad esso. “In tempo di guerra – mi dice sempre mia madre – nelle case dei ricchi il pane non era mai mancato, mentre mancava spesso nelle case dei poveri”! Il proverbio comunque indica il grado di sopportazione del povero alla miseria, a cui è abituato da sempre, mentre il ricco nell’indigenza muore: Dio salvi i ricchi dalla miseria! Deus donat Deus arregolit. Dio da, Dio prende; Dio se riferito alla vita ed alla morte. In tutti gli altri casi è la sorte che da e toglie, ma quasi sempre con lo zampino dell’uomo. Qui mi viene in mente un altro detto: “ Tristu e miserinu de su poburu avantzau! Infatti “su poburu avantzau” il neo ricco, dimentica facilmente il suo primitivo stato di indigenza, e con la forza del denaro crede di essere assurto agli alti ranghi! Deus donat su pistoccu a chi no portat dentis. Dio da i biscotti a chi è senza denti. In senso lato, il proverbio indica tutte quelle situazioni in cui uno ha le opportunità per emergere, ma gli manca la volontà! Deus mi dh’’hat donau arguai a chi mi dhu toccat. Dio me l’ha dato, guai a chi melo tocca. Universale. Si dice di una cosa a cui teniamo tanto. |