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Dicius ovvero Detti e proverbi del Campidano di Sardegna
parte quinta

A straccu barattu. A prezzo stracciato. Vendere a straccu barattu = vendere sotto costo. Altra espressione simile si usa per la vendita della carne di animale morto accidentalmente: a bassa macelleria: espressione, questa, chiaramente italiana.

A scinitzài is espis (is abis). Stuzzicare le vespe(le api). Quando si incontra una persona litigiosa, con cui si ha avuto già a che fare, è preferibile non fermarsi e tirare avanti a passo celere, per non suscitare ulteriori alterchi. Il detto consiglia la calma, che è la virtù dei forti.

A su cuaddu su sproni, a sa femmina s’arrejòni. Al cavallo lo sprone, alla donna la ragione. Il cavallo puoi domarlo ed ammansirlo con la frusta e lo sprone, la donna puoi “ammansirla” solo con le buone maniere. Questo detto, antichissimo, tra l’altro, ci mostra che la donna, anche qui da noi in Sardegna, checché si pensi dei sardi, ha sempre goduto di rispetto e considerazione, da parte dei maschi.

A su ma(l)u no d’agatas mexìna. Per il malvagio non trovi cura. Noi sardi, per comune convinzione, crediamo assai poco nel ravvedimento dei malvagi: quindi in linea di massima non siamo per l’indulto! Gli atti di malvagità, senza rimedio, qui da noi, talvolta, si lavano col sangue.

A su molènti tzffarànu. All’asino zafferano. Il detto sta ad indicare una situazione penosa, che ha urgente bisogno di essere risolta, ma chi interviene non risolve per niente il problema, anzi!

A su pàra donàdhi sa limosina in s’enna. Al frate dai l’offerta sull’uscio della porta. Sono possibili due interpretazioni del detto: 1) per fare più in fretta e dare al possibilità al frate di visitare più case; 2) si dice si tratti di un proverbio scaturito dalla diffidenza dei mariti nei confronti delle mogli e naturalmente dei fraticelli questuanti, sempre pronti ad offrire, in cambio dell’offerta, una buona parola di cristiana consolazione…ed altro (è forse una malignità!!!).

A su pei de su poburu andat beni onnya crapìtta. Al piede del povero va bene qualsiasi scarpa. Chi si trova in situazioni economiche estremamente precarie, ha poco da scegliere…ed è facile preda degli approfittatori. O prendi questa minestra o salti dalla finestra. Era così quando i padroni delle terre reclutavano i braccianti agricoli. È ancora così quando i datori di lavoro reclutano gli operai, soprattutto nei momenti in cui la disoccupazione ha raggiunto livelli altissimi.

A su fragu de su spegu currint is crobus. All’odore di carogna corrono i corvi. Quando una pecora o altro animale sta per morire, i corvi già le stanno attorno, pronti a divorare i resti. Il detto si adatta a situazioni umane. Quando un ricco possidente è stato taccagno per tutta la vita i suoi raramente gli sono stati vicino, ma quando sta per tirare le cuoia, i parenti tutti si appressano, finalmente, al suo capezzale di morte.

A su stogumu est druci su chi est marigosu a sa bucca. Per lo stomaco è dolce ciò che è amaro per la bocca. È un formidabile proverbio che si adatta perfettamente alle persone, soprattutto bambini e giovani, che accettano, anche se mal volentieri (a mala horza) i consigli severi, che pur amari da digerire portano un esito del tutto positivo.

A su toccu de s’Ave Maria onnyunu furrit a domu sua. Al suono dell’Ave Maria ciascuno torni a casa sua. È un detto  propriamente cristiano che rammenta ai vagabondi, maschi o femmine, bambini, giovani e anziani, che all’imbrunire si torna a casa.

A timì cosa depis. Se hai paura devi qualcosa. La paura è spesso un sentimento che scaturisce da qualcosa che abbiamo fatto e che non avremmo dovuto fare.

A tòccu tàba. Senza sosta. L’espressione è solitamente usata per definire un’azione insistente, propria ad esempio di uno scocciatore, uno che non ti molla e ti sta addosso rompendoti l’anima senza sosta, del tipo della 4^ satira dello scrittore latino Orazio: “Ibam forte Via Sacra, sicut meus est mos…”etc. etc.

A torrai s’anima a Deus. A rendere l’anima  a Dio. È il rientro che tutti i cristiani si aspettano…il più tardi possibile…umanamente parlando. Il contrario è: a sa fini de is tiau(lu)s. A finire tra i diavoli, all’inferno! E si aggiunge: “A mallài fogu”! = in mezzo al fuoco!

A trivas. A gara. Fai a trivas = fare a gara. Si usa questa espressione per definire quelle persone che non hanno mai sosta che hanno sempre fretta e sembrano fare a gara col mondo intero.

Abarrai cun dh’u’ pramu de nasu. Rimanere con un palmo di naso. È la situazione in cui viene  a trovarsi uno, che si aspetta tanto, ma ottiene soltanto una grossa fregatura. La sostanza del proverbio si “consolida” mettendo il pollice di una mano aperta, sulla punta del naso, facendo poi dondolare le dita; con ambedue le mani se si vuole dare più concretezza la gesto, ovviamente se si tratta di una colossale fregatura!

Abarrai trogamidha troga. Tentennare. Per diversi motivi possiamo trovarci in una momento di incertezza, ritrovandoci in una situazione in cui orientarsi viene difficile, non sapendo che pesci prendere, stentiamo a prendere una decisione.


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