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La Cascina Sarmazzano
Saggio "La Cascina Sarmazzano" di Vitantonio Palmisano
Nell'ambito delle indagini sulle dimore rurali in Italia promosse dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, gli studiosi dividono l'attuale Lombardia in cinque zone. A quella della Bassa e la fascia dei fontanili corrispondono una serie di medie e grandi aziende agricole, caratterizzate sotto il profilo tecnico, da corti monoaziendali con grandi aie. Le dimore rurali corrispondono a zone idrologiche, climatiche e litologiche oltre che alle particolari condizioni economico-finanziarie che molto spesso derivano da scelte pregresse d'altri tempi che sfruttavano al meglio essenzialmente le  condizioni fisiche del terreno. Il territorio in cui oggi si trova la cascina Sarmazzano "Sarmasàn" prende il nome dal popolo dei "Sarmati", alleati dei Longobardi che, provenienti dall'Europa orientale con i Bulgari e i Gepidi, si stanziarono qui nel VI sec. Le indagini archivistiche condotte finora presso l'Archivio di Stato, in particolare sul Fondo Agricoltura , Fondo Religione e Catasto Teresiano, relative a tutta l'area del comprensorio melegnanese, hanno prodotto  diverse conferme circa la ricostruzione delle vicende storiche relative agli insediamenti agricoli. La tipica forma a corte chiusa della "casa da massaro" o "cassina" nasce nella seconda metà del Seicento, la sua trasformazione da  una forma semplice ad una più complessa  testimonia  un ampliamento delle sue funzioni e un incremento delle attività economiche ad essa collegate, che potrebbe apparire in contrasto col quadro storico del Seicento italiano, e lombardo in particolare . Questa situazione fu condizionata fortemente da diversi fattori quali: la dominazione spagnola a partire dal 1559, il crollo del settore agricolo nella seconda metà del XVI sec., la crisi industriale e mercantile ormai evidente dal primo ventennio del Seicento. Il trattato di Cateau-Cambr‚sis, ponendo gran parte dell'Italia , fra cui il Ducato di Milano, sotto il dominio diretto del re di Spagna, apre le porte a una dominazione caratterizzata da un forte fiscalismo, dovuto anche alle condizioni economiche particolarmente critiche della Spagna stessa e alle guerre sostenute per la successione del Monferrato e Mantova e dalla guerra per il controllo della Valtellina. Le conseguenze più vistose di tale politica furono il rallentamento della circolazione monetaria e la diminuzione delle attività manifatturiere che produssero una riconversione dei capitali verso la terra, considerata un bene-rifugio. Nel Ducato di Milano, fino alla prima metà del Seicento, possiamo verificare statisticamente situazioni di decremento demografico (la popolazione milanese passa in questo periodo da 1.200.000 a 800.000 abitanti) e di stasi del quadro colturale relativamente alle tecniche agricole, alla produttività del suolo, all'introduzione di nuove colture. E' quindi in questo periodo di crisi agricola che si rilevarono numerose testimonianze di vagabondaggio e  di banditismo nelle campagne della Bassa. La cascina che fino a questo momento presentava prevalentemente una disposizione su due lati, viene arricchita di edifici funzionali alle accresciute attività agricole e casearie compiendo la trasformazione architettonica  con la tipica chiusura a corte dell'intero perimetro con l'aggiunta di fortificazioni che per la cascina Sarmazzano divenne di fondamentale importanza. Il complesso rurale, della "cascina Sarmazzano", nella sua fattispecie originaria,  fu nell'anno 880  di proprietà del monastero di Sant'Ambrogio, passando successivamente ai monaci Umiliati. E' con l'ordine monastico degli Umiliati che il possedimento di Sarmazzano iniziò irreversibilmente la sua decadenza strutturale. Fu l'arcivescovo di Milano San Carlo Borromeo, paladino del nuovo movimento di Controriforma promosso dal Concilio di Trento, che nel suo tentativo complessivo  di riformare l'ordine degli Umiliati che nel 1567  venne in visita pastorale alla comunità di Sarmazzano. San Carlo in quell'occasione trovò la chiesa di San Protasio e Gervasio in pessime condizioni, priva del pavimento, delle porte e di ogni paramento, e vi si celebrava messa solo una volta all'anno nel giorno appunto della festa dei santi a cui era dedicata. Per provvedere alle spese di restauro, l'Arcivescovo di Milano dovette ordinare il sequestro dei beni del prete che l'aveva in affitto, come si usava a quel tempo, un tale magnifico signore Bartolomeo Reina , che evidentemente, si preoccupava unicamente delle entrate che gli venivano da quella chiesa. Il 7 febbraio 1571, il papa Pio V° soppresse definitivamente l'ordine degli Umiliati, distribuendo le loro vaste proprietà ad altre istituzioni religiose. In particolare la Casa di Santa Maria degli Ottazi, cui appartenevano i beni di Sarmazzano, venne trasformata in un ospedale per i vecchi per precisa volontà di San Carlo Borromeo, il quale assegnò altresì i beni di Sarmazzano ai Padri Oblati del Santo Sepolcro. La struttura della cascina subì nel corso dei secoli diversi rimaneggiamenti testimoniati dai diversi stili tutt'ora riscontrabili nel plesso: una enorme stalla a cinque navate con finestroni neo-gotici  - e un tetto forse più grande della zona - chiude il lato meridionale di una vasta corte rettangolare, orientata a nord-sud; sul lato settentrionale esiste una piccola corte per i salariati. Tale stalla si affianca all'ingresso, sovrastato da una torre non molto alta, che dà l'impressione di una volontà di fortificazione, più che di difesa effettiva. A fianco dell'ingresso sulla sinistra, sempre all'esterno, rinchiusa da una recinzione in ferro battuto, é situata,  una chiesetta con una facciatina in stile classicheggiante dedicata a Sant'Antonio, protettore degli allevatori. Questo edificio fu costruito nella seconda metà dell'Ottocento in luogo di un'oratorio più antico che era dedicato ai Santi Gervasio e Protasio. Nel 1751 la seconda Giunta del Censimento presieduta da Pompeo Neri iniziò  la descrizione dei beni di seconda stazione nel territorio di Sarmazzano. L'inventario dei beni immobiliari fu steso dal perito Giovanni Battista Ratti coadiuvato dal Console (Sindaco) di Sarmazzano Pietro Brunetti. I suddetti beni erano tutti di proprietà del "Colleggio d'Obblati in S.Sepolcro di Milano", analiticamente erano: al fondo n. 59 casa con orto; al fondo n.60 casa da Massaro in mappa alla lettera B; fondo n.61 casa con Mulino in mappa al numero 17 compreso di orto. Nel 1751 l'amministrazione austriaca decise di aggregare Sarmazzano, che all'epoca disponeva un'estensione agricola  di 1705 pertiche milanesi, alle comunità di Calvenzano e Vizzolo per la formazione di un nuovo Comune , con Decreto della Real Giunta del Governo in data 8 febbraio 1757. La cascina Sarmazzano nel 1929 fu concessa in affitto alla famiglia Novazzi, che la condusse sino all'inizio degli anni Sessanta; allora vi abitavano circa trenta famiglie composte da contadini, falegnami e mungitori, e si allevavano più di 200 capi tra bovini , cavalli e tori. I Salariati, con contratto annuale, lavoravano dalle sei alle undici ore giornaliere, secondo i ritmi dei lavori stagionali e le ore di luce. Ricevevano un litro di latte al giorno e, durante la  raccolta di mais, un sacco su ogni otto consegnati al padrone e alcuni quintali di legna verde per l'inverno.
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