I due secoli di dominio spagnolo avevano segnato, nella storia lombarda,
un periodo di stasi, di immobilità, durante il quale la situazione
politica e sociale del paese era rimasta sostanzialmente immutata. La Corona,
a Madrid, rappresentava il potere sovrano e lo esercitava in tutta la sua
pienezza, in funzione dei propri interessi; l'ordinamento interno dello
Stato di Milano rimane, in sostanza, quello che la conquista spagnola
aveva trovato, quello dell'antico Ducato, erede, a sua volta, del Comune
. Come sotto la struttura delle grandi monarchie d'Oltralpe vediamo trasparire
il disegno del particolarismo feudale, così, sotto la struttura
dello Stato lombardo traspare visibilmente l'eredità comunale.
Milano conserva , nel XVIII sec., ancora la sua posizione privilegiata
dell'antica città dominante. Sul modello di Milano, le città
minori, anchesse rinchiuse nella gelosa salvaguardia delle loro costituzioni
municipali, riproducono, nell'ambito delle loro provincie, l'egemonia della
capitale dello Stato. La lombardia si divide così in una serie di
territori con una loro ben definita autonomia: ogni singolo territorio
fa centro a se stesso; il paese si divide in una serie di organismi a sè
stanti che vivono di vita propria.
All'autonomia dei territori si accompagna quella degli organi amministrativi.
Questa premessa si rende necessaria proprio per meglio comprendere le basi
su cui si ambientava la questione della mancato accoglimento della
richiesta del Console (sindaco) del Borgo di Melegnano di estendere i propri
confini includendo in esso le piccole comunità di Vizzolo, Calvenzano
e Sarmazzano che sono l'oggetto esplicativo dell'attuale saggio. La sostituzione
del dominio austriaco al dominio spagnolo non ha effetti immediati, ma
rimane importante per il carattere innovativo che verrà ad introdurre.
La prima metà del Settecento, quindi, fu per tutta la Lombardia
un periodo di graduali riforme. La più importante, promossa
dagli Asburgo, fu sicuramente "il censimento" di tutto il Ducato di Milano
che, iniziato da Carlo VI sin dal 1718, fu concluso dall'imperatrice Maria
Teresa dopo varie interruzioni. In questa situazione complessa di
cui noi abbiamo fornito solamente alcune notizie di carattere generale,
che vanno senz'altro lette e compendiate nel contesto di tutta la saggistica
sin qui pubblicata, rientra la rilevazione catastale dei territori
dello Stato di Milano effettuata dalla Prima Giunta del Censimento, dette
operazioni comportarono la compilazione di registri, brogliacci, mappe,
schizzi di rilievi e annotazioni , tutte fonti primarie, che ci hanno consentito
la puntuale ricostruzione delle questioni più salienti avvenute
nel Settecento. La questione dei territori posti a levante del Borgo melegnanese
era sempre stata molto dibattuta da parecchi secoli, vari furono i tentativi
di inglobare altre aree proprio per la sproporzione evidente e penalizzante
che Melegnano (terra di confine fra l'area di influenza Milanese e Lodigiana)
doveva subire a favore di altre comunità eterogenee come avremo
modo di comprendere più avanti. Contemporaneamente alla misurazione
del territorio di pertinenza del Borgo di Melegnano, che ricordiamo fu
effettuata dal geom. De Llinas dal 23 febbraio al 12 marzo del 1722,
il geometra Stefano Giovanni Conti iniziò la stesura degli originali
di campagna (che erano mappe redatte direttamente sul posto in scala 1:2000
mediante l'utilizzo della tavoletta pretoriana) con la misura dei territori
posti a levante del suddetto Borgo, questi erano tre piccoli Comuni distinti:
Vizolo (Vizzolo), Calvenzano e Sarmazano (Sarmazzano), il comune di Vizzolo
con Monte Buono e la cassina Legorina, che si estendeva su una superficie
di 5028 pertiche milanesi (la pertica milanese corrisponde a circa
654,5 metriquadrati), il comune di Calvenzano, di 1390 pertiche, ed il
comune di Sarmazzano, di 1705 pertiche. Tutti i suddetti territori vennero
misurati dal geom. Stefano Gio.Conti fra il 10 marzo ed l'11 aprile
del 1722 e precisamente: il territorio di Vizolo fra il 10 ed il 24 marzo
1722 coadiuvato dall'assistenza di Gerolamo Parazolo, Vincenzo Locatello,
Vittore Canzo, e fu disegnata da Giovanni Rossi in complessivi 9 fogli;
Calvenzano fra il 27 ed il 28 marzo 1722 con l'assistenza di Vittore Canzo,
Domenico Antonio Grande e Gerolamo Morrone e disegnata da Giovanni Domenico
Novarese in 4 fogli; Sarmazano fra il 31 marzo e l'11 aprile 1722 con l'assistenza
di Vittore Canzo, Vincenzo Merlo e Giuseppe Castelli copiata anch'essa
in quattro fogli complessivi. Nel successivo mese di novembre del 1722
vennero convocati dai funzionari del censimento, nel Castello di Melegnano,
i consoli di questi tre comuni, insieme ai fittabili dei vari proprietari
per essere interrogati sulla effettiva consistenza e sul valore dei fondi.
I verbali di questa inchiesta ci permettono una ricostruzione particolareggiata
di quella che doveva essere la situazione del territorio nella prima metà
del sec.XVIII. Dai rilievi effettuati in loco dal geom.Conti si evince
che per ogni particella erano indicati: il numero d'ordine, la qualità
della coltura e la superficie; nel sommarione a margine, i dati erano completati
da indicazioni relative alla proprietà. Scarsi erano invece
i dati sui fabbricati che non venivano rilevati, ma misurati in un sol
corpo con i cortili adiacenti. Gli originali venivano poi trasferiti, in
ufficio, dalle mappe copia in fogli componibili in cui le diverse qualità
di colture erano evidenziate mediante simboli grafici a differenti colorazioni
ad acquarello. Una numerazione progressiva distingueva i diversi mappali
e veniva riportata, a volte, anche a margine con indicazioni sul proprietario,
di cui veniva segnalata anche la classe sociale di appartenenza, sulla
qualità delle colture e sul perticato. Da questo documento si evince
che la proprietà fondiaria più estesa era quella del Capitolo
del Duomo di Milano, che comprendeva 1271 pertiche di terreno a Calvenzano,
1069 pertiche a Vizzolo, per un totale di 2340 pertiche e il Molino della
Bernarda. Questa proprietà era affittata in parte a Francesco Ferrari
che faceva anche da console del comune di Calvenzano. Seconda, in ordine
di consistenza quantitativa vi era la proprieta di Sarmazzano di circa
1700 pertiche, appartenente alla Congregazione dei Padri Oblati del
Santo Sepolcro, in affitto a Giuseppe Merlo , anch'egli console di quel
comune e gestore dell'annesso Molino, azionato da una roggia derivata direttamente
dall'Addetta. Diversamente da questi due comuni nell'area di pertinenza
vizzolese la situazione delle proprietà risultava più eterogenea.
Vi era la proprietà del Marchese Cesare Brivio che constava
di circa 1036 pertiche, in conduzione a Pietro Guazano, oltre la l'Osteria
della Bernarda, in conduzione a Giovanni Maestri. In ordine decrescente
vi era poi la proprietà della Cassina Legorina che si estendeva
per circa 750 pertiche di proprietà di Carlo Angelo Cordone
in conduzione a Santo Dresano; allo stesso nobile appartenevano i diritti
di pesca nel tratto del fiume Lambro che attraversava il territorio di
Vizzolo. Altre terre appartenevano a l feudatario del Borgo di Melegnano
il Marchese Carlo Antonio Medici, nonchè alla famiglia dei nobili
lodigiani Buttintrocca, feudatari di Casalmaiocco dal 1657, i quali diedero
il loro nome all'omonima Cassina che ancora oggi esiste lungo la Strada
Pandina. Le operazioni catastali, interrotte per gli eventi bellici nel
1733, furono riprese dalla figlia di Carlo VI, Maria Teresa d'Austria,
nel 1749 e si protrassero fino al 1757. Si rendeva infatti necessario
un aggiornamento delle mappe catastali di molte zone ed in particolare
di quelle, come il territorio vizzolese, attraversate da fiumi che avevano
eroso territorio. Era indispensabile ed inderogabile l'aggiornamento delle
intestazioni di proprietà e la rilevazione dei c.d. fondi di seconda
stazione constituiti dalle proprietà immobiliari (edifici, case).
Le mappe catastali teresiane, completate dalla Descrizione dei beni di
seconda stazione furono effettuate, in tutte e tre le località,
nel 1752 dal perito Giovanni Battista Ratti coadiuvato a Vizzolo dal console
(sindaco) , Vittor Canzi; a Calvenzano dal fittabile e console Domenico
Moro e a Sarmazzano dal console Giovanni Pietro Brunetti. Dai documenti
catastali, quindi, ne deriva un territorio prevalentemente agricolo. Connesse
a tali esigenze vi erano sul territorio due Mulini: uno a Sarmazzano e
l'altro alla Cassina Bernarda, oltre una bottega artigianale da ferraiolo
che era ubicata nell'abitato di Vizzolo. Sul territorio delle tre comunità
vi erano in totale a Vizzolo dodici case , e altre dieci sparse, per un
complessivo di case ventidue; vi erano altresì, con l'identificazione
di una lettera, D - Oratorio di San Pietro e Paolo , E - Oratorio di S.Maria
Assunta . Alla grande riforma catastale , si accompagnò poi un'opportuna
riforma amministrativa territoriale volta a rimettere ordine in una situazione
di caotica dispersione, nella quale praticamente ogni nucleo abitato, addirittura
ogni cascina, costituiva un comune autonomo. Così mentre ill Borgo
di Melegnano nel 1751 seguendo la propria tendenza accentratice, chiedeva
di poter estendere i propri confini fino a comprendere i comuni limintrofi
minori, che già dipendevano dalla sua parrocchia da secoli, l'amministrazione
austriaca decise diversamente di unificare le tre piccole comunità
di Vizzolo, Sarmazzano e Calvenzano per formare un unico nuovo Comune,
con decreto della Reale Giunta del Governo in data 8 febbraio 1757. Anche
il figlio di Maria Teresa d'Austria, l'imperatore Giuseppe II, continuò
l'opera dei suoi predecessori, in particolare cercò di ridurre i
privilegi e le ingerenze della Chiesa nello stato. Dopo aver abolito il
tribunale d'inquisizione e la censura ecclesiastica, egli abolì
molti degli allora numerosi enti, conventi, confraternite, incamerandone
le vaste proprietà fondiarie. Lo stato moderno cominciava allora
a muovere i primi passi , cercando di fare propri quei compiti di
assistenza e di istruzione che per secoli erano stati gli scopi principali
degli ordini religiosi e con i patrimoni provenienti da queste abolizioni
aprì scuole, ospedali, ricoveri. Così il 20 marzo 1769, proprio
su ordine di Giuseppe II anche la chiesa di Calvenzano venne soppressa
e le sue proprietà incamerate. |