A Pavia, Milano, Lodi (l’attuale
Lodi Vecchio) riprendeva in quegli anni una nuova attività commerciale
resa possibile anzitutto da un sistema di navigazione fluviale e marittima,
grazie al quale la Lombardia venne ad a-sumere, per l’Europa di allora,
la funzione di «porta di Bisanzio», cioè di vero e proprio
capolinea dei traffici provenienti dall’Oriente, al punto che la stessa
parola «lombardo» diventò sinonimo di mercante (a Londra
ad es. esiste ancora oggi una «Lombard Steet»...). Da Milano,
in particolare, le imbarcazioni dei mercanti, sotto la protezione del vescovo
e dei monasteri, risalivano il corso della Vettabia, detta in antico «Navectabilis»,
cioè navigabile, passando poi, a Melegnano, nel fiume Lambro ed
infine nel Po, per raggiungere Venezia, l’Adriatico e quindi l’Oriente,
da cui ritornavano cariche di spezie, di tessuti preziosi, di «tutte
le ricchezze oltremarine», come scrive il cronista di quei tempi
Landolfo Seniore. L’Addetta, allora di portata certamente superiore all’attuale,
costituiva parte integrante di questo sistema di comunicazioni fluviali
in quanto, oltre a consentire il collegamento tra il Lambro e l’Adda, con
l’apporto delle sue acque, rendeva possibile la navigazione stessa del
Lambro a sud di Melegnano, altrimenti impossibile. Queste circostanze,
oltre naturalmente alla presenza di una strada come la Via Romana, spiegano
l’importanza strategica assunta dal territorio di Vizzolo, attraversato
da questi corsi d’acqua e assai vicino alla loro confluenza e di conseguenza
l’interesse di Milano ad impadronirsi definitivamente di questa zona segnata
da confini incerti e fluttuanti. La navigazione dei Milanesi, inoltre,
incontrava un grave ostacolo nei pedaggi fluviali che i Lodigiani imponevano
nei loro porti sul Lambro a Salerano e a S. Colombano, creando un impedimento
alla sempre crescente espansione commerciale milanese che necessitava invece
di avere via libera verso il Po. Anche e soprattutto da tutto questo ebbe
origine una lotta secolare tra i due Comuni al fine di assicurarsi il controllo
delle acque del Lambro, lotta che portò, nell’anno 1158 alla seconda
e definitiva distruzione dell’antica città di Lodi (divenuta poi
Lodi Vecchio) da parte dei Milanesi. Le prime notizie scritte relative
a Vizzolo risalgono appunto a quei tempi di forte espansione territoriale
milanese e ci mostrano chiaramente come il nostro territorio, fino ad allora
appartenuto ai Lodigiani passò, prima soltanto di fatto e poi anche
ufficialmente, nell’orbita milanese, insieme al vicino borgo di Melegnano,
al quale Vizzolo nei secoli successivi sarebbe rimasto strettamente legato
da vincoli economici, amministrativi e religiosi. Sappiamo ad esempio che
nel 1090 era un ricco nobile milanese di nome Arderico che dichiarava di
«vivere secondo la legge longobarda», a possedere molti beni,
sia a «VIGOZOLI» (è questa la forma del nome Vizzolo
che si incontra nei documenti più antichi), che a «Melleniano»,
presso il ponte sul Lambro. Tra questi beni di Vizzolo e di Melegnano vengono
significativamente indicati dei campi, delle vigne ed un manso, cioè
un fondo agricolo assegnato ad un massaro di nome Pietro, figlio di Eriprando.
Arderico, forse discendente di quei dominatori longobardi stanziatisi nel
nostro territorio, vendette poi questi beni alla chiesa milanese di S.
Giorgio in Palazzo, una delle più antiche della città, situata
circa a metà della centralissima via Torino, tra il Carrobbio ed
il Duomo. |