Risale a questo stesso periodo
la più antica diffusione della nuova religione cristiana, la quale
ormai completamente affermatasi nelle città, affrontava allora il
più difficile compito di convertire anche gli abitanti delle campagne,
ancora legati all’antica religione pagana che aveva i suoi santuari presso
le fonti e nel folto delle foreste. S. Pietro a Vizzolo, S. Maria a Calvenzano,
i Santi Protasio e Gervaso, martiri milanesi, a Sarmazzano: tutte le chiese
del nostro territorio conservano nelle loro dedicazioni il ricordo di quel
primo processo di evangelizzazione dell’ambiente rurale della Bassa. In
particolare, la presenza di due antiche chiese rurali, l’una assai vicina
all’altra, come è appunto il caso di S. Pietro a Vizzolo e di S.
Maria a Calvenzano, potrebbe forse spiegarsi con quella marcata separazione,
cui si è accennato, esistente a quei tempi tra le due comunità
allora presenti nel nostro territorio: quella superstite romana, subalterna,
da una parte e quella dominante longobarda, dall’altra. Sappiamo infatti
che i Longobardi, anche dopo la loro conversione alla religione cattolica,
conservarono proprie chiese, propri cimiteri e propri culti tipici, come
appunto quello della Vergine, cui è dedicata la Basilica di Calvenzano.
A questa più antica diffusione del cristianesimo nell’alto medioevo
potrebbe risalire un frammento di pietra graffita, raffigurante una Crocefissione,
che secondo Don Cesare Amelli rivelerebbe una fattura di epoca barbarica
e che attualmente è conservata presso la parrocchia di Vizzolo.
Il 21 marzo dell’anno 880, a Pavia, allora capitale del Regno Italico,
il re Carlomanno, primogenito di Ludovico il Germanico e nipote di Carlo
Magno, fece dono al monastero milanese di S. Ambrogio di moltissimi beni
e terre, tra i quali anche la «villam quae dicitur Sarmaza»,
cioè il villaggio rurale di Sarmazzano. E questo il più
antico riferimento a una località del territorio di Vizzolo contenuto
in un documento scritto pervenutoci, risalente a quegli oscuri secoli dell’alto
medioevo, quando, dissoltosi il Sacro Romano Impero Carolingio, nella Valle
Padana, proprio sotto la protezione dei potenti enti ecclesiastici come
appunto il Monastero di S. Ambrogio, stava iniziando un processo di rinascita
dei commerci e della vita cittadina. La notizia è particolarmente
interessante perché attesta anche che, fin da quei tempi di affermazione
dei particolarismi territoriali, la zona di Sarmazzano, situata a nord
di Vizzolo, ma comunque al di qua dell’Addetta, antico confine naturale
tra Lodi e Milano, risultava già passata nell’orbita ambrosiana,
costituendo così il più antico segno di una crescente penetrazione
milanese in un territorio originariamente compreso nell’agro lodigiano.
Si trattava di un’espansione religiosa, ma anche economica e politica,
le cui tracce sono ancora individuabili e ben riconoscibili, come il culto
dei Santi Gervasio e Protasio, martiri milanesi ai quali era dedicata l’antica
chiesa di Sarmazzano, la cui esistenza è documentata almeno dal
XIII secolo e soprattutto come la vicina eappelletta tutt’ora esistente
lungo la strada Pandina, in direzione di Dresano, significativamente dedicata
proprio a S. Ambrogio, che sembra voler ancora oggi ricordare a chi proviene
dal lodigiano, quell’antica appartenenza di Sarmazzano al Milanese. |