I più antichi segni della
presenza umana nel territorio di Vizzolo risalgono inequivocabilmente all’epoca
romana. Prima di tale epoca è assai difficile immaginare quale fosse
la realtà ambientale locale. Sappiamo comunque che ancora nel II
secolo a. C., mentre nel bacino del Mediterraneo ormai da millenni esistevano
le grandi civiltà urbane, appena a nord degli Appennini tutta l’Italia
settentrionale, come il resto dell’Europa continentale, si trovava in condizioni
che paragonate a quelle delle contemporanee civiltà greca e romana,
potremmo senz’altro definire di «sottosviluppo». Nella bassa
padana, in particolare, le condizioni naturali idro-geologiche del territorio,
ancora paludoso ed impraticabile, costituivano un grave ostacolo alla formazione
di pur minimi insediamenti umani stabili. Nella zona a sud di Milano, le
condizioni ambientali dovevano risultare particolarmente difficili in quanto
alle frequenti inondazioni dei fiumi, allora ancora mutevoli nel loro corso,
si aggiungeva la presenza delle risorgive affioranti proprio appena poco
a nord del nostro territorio, le cui acque stagnanti dovevano formare un
labirinto di acquitrini. Solamente le zone più elevate, soprattutto
quelle che si trovavano tra un bacino fluviale e l’altro, emergevano completamente
dalle acque e, secondo le testimonianze dei primi viaggiatori romani, apparivano
completamente ricoperte di fitte foreste di querce. Così doveva
dunque apparire l’ambiente naturale locale prima della colonizzazione romana
ed in simili condizioni il territorio della Bassa tendeva ancora inevitabilmente
a ricadere in quelle epoche storiche successive in cui la presenza e l’attività
degli uomini vennero drammaticamente a mancare. Proprio da questa difficile
realtà ambientale ebbero origine le più o meno vaghe tradizioni
locali relative all’esistenza di un «Lago Gerundo» tra l’Adda
ed il Lambro, le cui acque, secondo alcuni, dovevano giungere a lambire
se non proprio il territorio di Vizzolo, quello limitrofo di Casalmaiocco.
Ecco quanto si scriveva, ancora alla fine del 1700, in una relazione sui
lavori per la sistemazione idraulica del corso d’acqua detto Sillero, che
attraversa ancora oggi, appunto, tale territorio: «In quella fascia
di terreno piano e depresso che giace tra la Muzza ed il Lambro esistevano
da più secoli diverse sorgenti chiamate Silleri. Queste fonti prive
d’emissario si radunavano nei luoghi più bassi determinando ampi
stagni, il più grande dei quali fu denominato Lettone. Esso con
le sue esondazioni fu causa di malaria e morti nei Comuni di Vizzolo e
Lodi Vecchio... ». Esistono tuttavia alcuni reperti archeologici
venuti alla luce casualmente in località limitrofe o comunque assai
vicine a Vizzolo, (San Zenone, Salerano, Gugnano) i quali ci dimostrano
che a partire dall’età del ferro (circa dall’800 a.C.), anche in
una situazione ambientale simile cominciarono a formarsi piccoli insediamenti
umani che gli archeologi attribuiscono alla «Cultura di Golasecca»,
sviluppatasi da prima sulle rive del Lago Maggiore e nel Comasco.
Come spiegare la loro presenza anche nella nostra Bassa? La localizzazione
di alcuni di questi ritrovamenti sembrerebbe attestare fin da allora l’esistenza
di una via, di un sentiero frequentato, che attraversando anche il nostro
territorio proveniente dai passi alpini e dal comasco e diretto verso sud,
favoriva i contatti e gli scambi commerciali tra quel mondo ancora primitivo
del nord e quello ben più ricco e civilizzato delle città-stato
etrusche ed italiche del centro-sud. Il primo fatto storico documentato
relativo alla nostra zona è appunto collegato a questa via ed è
sicuramente rappresentato dalla invasione dei Celti, detti Galli dai Romani
i quali, secondo Tito Livio, giunsero da oltralpe nella prima metà
dei VI secolo a.C., cioè al tempo in cui a Roma regnava Tarquinio
Prisco. Si trattò in realtà di una serie di successive correnti
immigratorie provenienti dall’attuale Francia e dal centro Europa, probabilmente
provocate da un sovrappopolamento che costrinse quelle genti ancora primitive
e seminomadi a separarsi ed a partire in cerca di nuove terre, attirate
soprattutto dalle ricchezze delle città mediterranee. La prima ad
arrivare fu la tribù degli Insubri, guidata dal re Belloveso, la
quale, dopo aver saccheggiato e distrutto la città etrusca di Melpum
(forse l’attuale Melzo), si accaparrò quella parte della Pianura
Padana allora più favorevole all’agricoltura e quindi già
discretamente abitata, cioè l’Alta Pianura asciutta, arrestandosi
di fronte alle paludi che, come abbiamo visto si estendevano a sud delle
risorgive, nella Bassa, umida e disabitata. Gli Insubri fondarono proprio
sull’estremo lembo della pianura asciutta ii loro centro più importante:
«Mediolanum», l’attuale Milano, parola che starebbe appunto
a significare secondo alcuni storici «Città in mezzo ai piano»,
un importante punto di passaggio e crocevia dove potevano avvenire scambi
tra prodotti provenienti da ambienti geografici diversi. Da questa posizione
strategica appena sopra la zona dei fontanili, Mediolanum si affacciava
verso la Bassa sottostante, la quale venne occupata poco dopo dalla sopraggiunta
tribù dei Boi. Furono proprio questi Galli Boi, secondo Plinio il
Vecchio, che fondarono la prima città della Bassa, la città
di LAUS, che poi i Romani ribattezzarono LAUS POMPEIA, cioè l’attuale
Lodi Vecchio, il cui territorio era delimitato a est dall’Adda, a ovest
dal Lambro, a sud dal Po e a nord dall’Addetta. Il territorio di Vizzolo
in quei tempi risultava quindi compreso nell’area di insediamento dei Galli
Boi, ma contemporaneamente assai vicino al confine settentrionale con gli
Insubri di Mediolanum, confine rappresentato appunto dal corso dell’Addetta,
che ancora oggi separa il territorio di Vizzolo da quello di Colturano.
Questa particolare dislocazione «di frontiera» tra Milanese
e Lodigiano anche nei secoli successivi resterà sempre, in forme
diverse, una delle principali e costanti caratteristiche del territorio
di Vizzolo. Un’altra sua caratteristica, come si è visto, ancora
più antica, è quella di essere attraversato da una assai
importante via di comunicazione terrestre proveniente da nord-ovest, dalle
Alpi e diretta a sud-est verso il Po. Nella stessa direzione e lungo lo
stesso percorso dell’antico sentiero dell’età del ferro si svilupperanno
nei secoli successivi una grande strada romana, la via Emilia ed in tempi
a noi più vicini, la linea ferroviaria Milano-Bologna. Seguendo
questa direzione i Galli Boi proseguirono la loro penetrazione verso sud,
superando il Po e conquistando ad esempio la città già etrusca
di Felsina, l’attuale Bologna. Nei secoli successivi le bellicose spedizioni
galliche si spinsero fino all’Adriatico, dove la tribù dei Senoni
fondò Sena Gallica, l’attuale Senigallia ed arrivarono nel 390 a.C.
ad espugnare e saccheggiare Roma. Nel territorio circostante Vizzolo, questa
antica presenza Gallica è attestata da diversi ritrovamenti archeologici,
da alcuni toponimi come Sesto Gallo (San Giuliano), Ceregallo (San Zenone),
Ca de’ Bolli (in dialetto: Cà de’ Boi, presso San Martino in Strada),
oltre che da quelli che conservano la tipica terminazione celtica in ago:
Cassago, Ossago, Livraga... A causa del loro livello di cultura ancora
illetterata, del loro ordinamento politico tribale e del modo di vita di
pastori e guerrieri seminomadi, è probabile comunque che con l’arrivo
dei Galli, l’ambiente malsano della bassa non cambiò più
di tanto, non essendo questi assolutamente in grado di affrontare le grandi
opere di bonifica e di sistemazione idraulica necessarie, che solo una
grande civiltà urbana con un potente stato organizzato come quello
di Roma, potevano portare a compimento. Dopo l’esperienza traumatica del
sacco subito da parte dei Galli, i Romani organizzarono una serie di campagne
militari contro di loro, la più importante fu quella del 222 a.C.
in cui i due consoli Furio Filo e Caio Flaminio sconfissero per la prima
volta l’alleanza di Insubri e Boi, conquistando Laus e Mediolanum. Tuttavia
la resistenza tenace dei Galli continuò ancora per una quarantina
d’anni ed ebbe anzi un momento di grande riscossa quando, durante la seconda
guerra punica, attraversate le Alpi, si affacciò sulla pianura Padana
il condottiero cartaginese Annibale. Alleatisi con lui in funzione antiromana,
infatti, nel 218 a.C. Insubri e Boi attaccarono e conquistarono le colonie
romane di Placentia (Piacenza) e Cremona e parteciparono attivamente alle
battaglie sul Trebbia, sul Ticino, al Trasimeno ed a Canne, in cui i Romani
vennero ripetutamente sconfitti. Forse proprio questa ulteriore esperienza
del grave pericolo rappresentato dalle tribù galliche convinse i
Romani della necessità di assicurarsi definitivamente il possesso
della Pianura Padana, ormai consapevoli della sua eccezionale importanza
strategica e della sua funzione di porta aperta verso l’Europa continentale.
Così, dopo essersi liberati definitivamente dalla minaccia cartaginese,
guidati dal proconsole Lucio Valerio Flacco, sconfissero e sottomisero
definitivamente anche i Galli presso Mediolanum, nel 194 a.C. Mentre alle
tribù dell’Emilia, da poco immigrate in Italia e quindi più
primitive e bellicose, toccò una sorte drammatica, tanto che il
loro vincitore poté vantarsi di non aver lasciato in vita che i
vecchi ed i bambini, le tribù degli Insubri e dei Boi a nord del
Po vennero invece risparmiate e trasformate in specie di stati-satelliti
di Roma, alleati e sottomessi ai Romani, i quali poterono finalmente dare
inizio a quella grandiosa opera di bonifica e colonizzazione nota come
«centuriazione». Negli anni successivi la potente macchina
dell’esercito romano, che fino ad allora aveva disseminato soltanto morte
e distruzione, si trasformò in un altrettanto potente strumento
di trasformazione sistematica del territorio e di civilizzazione. Nel 187
a.C. venne intrapresa la costruzione della strada da Rimini a Piacenza
per iniziativa del console Marco Emilio Lepido, che le diede il suo nome.
Dalla base di Piacenza si proseguì quindi l’opera con la realizzazione
del suo naturale proseguimento fino a Mediolanum, la strada che attraversa
tutt’ora il nostro teritorio e che nei documenti antichi è detta
appunto «Strada Romana». Lungo la via Emilia sorse anche quella
«MUTATIO AD NONUM», cioè stazione postale per il cambio
dei cavalli situata a nove miglia da Milano, da cui ebbe origine e si sviluppò
in seguito il vicino borgo di Melegnano, alla cui storia il territorio
di Vizzolo, nei secoli successivi, risulterà sempre strettamente
collegato. |