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![]() Rimasto presto orfano della madre, entrò nel collegio san Giuseppe di Monza, poi nel collegio Rotondi di Gorla Minore, dal quale passò al seminario liceale di Monza. La guerra del 1915-18 lo sorprese a Milano nel seminario teologico di Porta Venezia. Chiamato alle armi, fu ordinato sacerdote il 22 aprile 1916; prestò servizio militare dapprima come soldato semplice di sanità, poi come cappellano. Il 1 maggio 1926, deposta la divisa militare, venne mandato coadiutore a Villasanta vicino a Monza. In questo tempo si laureò in teologia; poi passò a Treviglio come canonico teologo, al fianco dei prevosto Egidio Bignamini che poi divenne arcivescovo di Ancona. Nel 1938 il cardinale Schuster lo promuoveva alla prepositurale di Melegnano, destinato a succedere al prevosto Casero che era morto l’11 novembre 1937. L’ingresso solenne nella parrocchia di Melegnano, che avvenne il 10 aprile 1938 domenica delle Palme, gli diede l’occasione di esprimere il suo sacerdotale saluto così: “Vengo a voi nel nome del Signore e per la volontà dei miei superiori. E sento di amarvi molto. Sento di amarvi tutti, ricchi e poveri, grandi e piccoli; e se un posto di predilezione vi può essere nel mio cuore, è per coloro che sono lontani da Dio, affinché possano tornare alla casa paterna e all’unico ovile”. Il cambiamento sociale Avvenne, con il preposto Giovenzana, il più sensibile cambiamento sociale in Melegnano e nel territorio parrocchiale di campagna. In Melegnano si sviluppano e si moltiplicano industrie grosse e piccole, e più facili e maggiormente intense si fanno le comunicazioni con Milano che faciliteranno alle nuove generazioni la ricerca del posto di lavoro con conseguente contatto ed imitazione delle forme mentali di una città come Milano. In Melegnano si riduce il numero ed il prestigio di famiglie che si segnalavano e che emergevano su tutto il popolo e che, per decenni o per generazioni, godevano della stima e ricevevano fiducia larga ed indiscussa, perché sempre esponenti delle attività politiche ed economiche. Nelle campagne scomparivano uomini e famiglie di nobile e solida civiltà contadina, biologicamente avvinti alla loro terra di origine e fortemente affezionati al loro lavoro per secolare tradizione di stirpe. Ed inoltre, la nuova democrazia, dopo il periodo della seconda guerra mondiale e dei giorni della resistenza alla dittatura, ha mutato carattere ed abitudini che sembravano intoccabili e salde nelle coscienze dei melegnanesi ed ha creato le condizioni per le nuove scelte ideologiche e psicologiche delle nuove generazioni. Giovenzana non deve essere giudicato per questo e per quel fatto particolare che ci ha toccato in bene o in danno da vicino come persone singole, ma alla luce degli avvenimenti sociali del suo tempo. Se è vero che con la morte di Giovenzana termina il periodo del «prevosto autoritario», è anche vero che la storia sacerdotale e pastorale di Giovenzana come persona fisica si trasforma, sotto i nostri occhi, in storia di Melegnano e della sua civiltà dal 1938 al 1966. I rapporti con le autorità politiche Nei rapporti con le autorità politiche, Giovenzana ebbe la sventura di dover essere coinvolto in quattro differenti situazioni: il periodo propriamente fascista fino al 1943; il periodo del terrore delle brigate nere e della repubblica di Salò ed il crollo definitivo dei fascismo fino al 25 aprile 1945; il periodo della resitenza antifascista ed antinazista; ed il periodo dell’assestamento della democrazia, con una forte presenza in Melegnano della componente politica di sinistra rappresentata dal partito comunista e dal partito socialista. Relativamente calmi e cordiali furono i rapporti con le autorità politiche fasciste fino al 1942 (ricordiamo che Giovenzana entrò in parrocchia il 10 aprile 1938). Allo scoppio della seconda guerra mondiale anche in Melegnano iniziarono le critiche al regime fascista, prima da parte di pochi e successivamente da parte di larghi strati della popolazione, specialmente quando partivano per il servizio militare tanti giovani con la prospettiva di una guerra che non si poteva vincere, mentre si aggravava la crisi economica per il razionamento dei generi alimentari e di prima necessità; i sacerdoti melegnanesi fatti oggetto di attacchi personali; parte dell’Oratorio maschile trasformato in caserma dei bersaglieri territoriali; e nello stesso tempo si divulgava l’opinione che rubare era lecito, specialmente clamoroso era il furto su larga scala del sale all’industria chimica, mentre si praticava sfacciatamente la borsa nera, cioè la vendita degli alimenti scarseggianti a prezzi altissimi. E quando in Melegnano fu organizzata la brigata nera si toccò il colmo dell’esasperazione: tutto il popolo melegnanese, credenti e non credenti, politicizzati, odiavano nel silenzio e nel disprezzo più crudo questi estremisti politici attendendo il momento della loro fine, mentre costoro, tracotanti e insolenti, sembravano i padroni di Melegnano e si illudevano, i più intelligenti di loro non si illudevano, della loro vittoria politica e militare: neppure gli anziani fascisti e quei capi del fascio primitivo melegnanese degni di rispetto per la loro rettitudine personale, neppure questi riuscirono a tenere a freno le follie esasperanti della brigata nera, formata in buona parte da elementi nati e cresciuti e residenti in Melegnano. L’anno più terribile fu il 1944 per tre motivi: il fenomeno dei giovani che non volevano più presentarsi alle armi diventando «sbandati» e vivendo nascosti sotto pena di morte e di rappresaglia per i famigliari; la chiusura forzata dell’Oratorio maschile, dal 20 giugno al 1 agosto, ordinata dai fascisti per sospetti di propaganda contraria; i bombardamenti del 10 settembre con 5 morti alla casa Bernarda; del 17 settembre dalle ore 9 alle ore 9,20 con venti bombe; del giorno 23 dalle ore 9,40 alle ore 9,50 sulla ferrovia; del giorno 30 alle ore 17 alla ferrovia. Il preposto Giovenzana, nel 1944, appoggiò incondizionatamente, ma criticamente e saggiamente, la formazione segreta del Comitato di Liberazione Nazionale; e quando scoppiò il 25 aprile 1945, giorno della liberazione e di entusiasmo rumoroso, Giovenzana, con iniziativa personale, si presentò dove erano rinchiusi i vecchi fascisti melegnanesi, presso la caserma dei carabinieri in via Cavour, e ne liberò alcuni salvando loro la vita, mentre impedì l’esecuzione sommaria di un noto fascista melegnanese, che il Comitato di Liberazione Nazionale voleva eseguire pubblicamente sulla piazza del Comune per sedare le ire del popolo, in un incontro in Casa parrocchiale tra i membri del Comitato di Liberazione dove lo stesso Giovenzana ebbe toni aspri e decisi. Nel periodo della democrazia, Giovenzana, pur aderendo alle scelte della Democrazia Cristiana di Melegnano, non sempre si trovò d’accordo sul piano tattico, dal momento che in seno al partito della Democrazia Cristiana militavano persone politicamente capaci e quindi decisi ad un’azione piuttosto autonoma senza stretti legami di suggerimenti e di subalternanza con il parroco. Le opere del Prevosto Giovenzana AVizzolo Predabissi sorge l’asilo, l’Oratorio, il circolo ACLI con don Pietro Colombi, con don Vincenzo Moroni, con don Giuseppe Vimercati. A Mezzano e per le vicine frazioni assicura la Messa domenicale, la dottrina cristiana, costruisce l’asilo, nonostante i dispetti e i vandalismi che subisce l’edificio in costruzione. A Riozzo sorge l’asilo, con la cappella e l’abitazione per le suore, adatto ai bambini e per l’Oratorio femminile. Affronta i lavori di restauro alle chiese, agli oratori, la costruzione di nuovi saloni. Organizza le colonie climatiche di Narro dove si richiede una grande dose di coraggio; di Varazze, e la Casa “Famiglia Melegnanese” di Orezzo. Il 16 ottobre 1963 il prevosto Giovenzana, ricordando il suo venticinquesimo anno di vita in Melegnano scrive: “Ho passato la soglia dei 70 anni. In 25 anni i tempi sono cambiati. Se da un lato sono aumentati l’indifferenza, il laicismo, il materialismo, dall’altro trovo maggior aiuto e corrispondenza non solo da parte dell’Azione Cattolica, ma anche da parte di molti laici...”. E le necessità della parrocchia sono sempre immense. Si deve camminare con i tempi. Sorge il Centro Giovanile per una convergenza della gioventù. Sono acquistate vaste zone di terreno al Carmine, ai Servi, al Giardino, a San Francesco, per le nuove parrocchie, o per maggior respiro ai rioni. Viene sistemata la sede della Buona Stampa, la Biblioteca parrocchiale, la Sala san Giovanni. Si ripara l’artistico organo Serassi nella chiesa di san Giovanni, sorge la chiesa prefabbricata al Giardino, si impianta il riscaldamento nella chiesa parrocchiale. Il 10 dicembre 1966 le campane di San Giovanni davano il mesto annuncio della sua morte. |
tel. 02 9837517 Melegnano Via Castellini, 27 |