Il primo ottobre 1580 prese possesso della parrocchia don Pietro Maria
Vegezzi (1579-1602). Prima era stato cappellano curato, e sul Registro
di matrimonio, in data 22 agosto 1580 è scritto: “...Petro
Maria curato Melegnani presente et interrogante”, mentre il 12 novembre
dello stesso anno, vi è la prima firma come prevosto sul Registro
di Matrimonio: “Petrus Maria prepositus Marignani”.
La sua nomina a prevosto avvenne tuttavia nel 1579 e fino alla sua nomina
si comportò come cappellano della stessa chiesa di Melegnano, anche
se troviamo sul piatto interno del Registro dei matrimoni scritto così:
“Liber matrimoniorum contractorum per me presbiterum
Petrum Mariam Vigletium prepositum Melignani, vel alios capellanos curatos
hic existentes incoando ab anno 1580, die 9 Ianuarij”. Egli amministrò
il suo ultimo battesimo il giorno 14 gennaio 1602, e il 15 febbraio dello
stesso 1602 è già al suo primo battesimo il prevosto suo
successore, don Giovanni Stefano Caimi. Quindi il prevosto don Pietro Maria
Vegezzi fu parroco per 22 anni. E anche detto “multum
reverendus doctor”, era quindi laureato in teologia. Il prevosto
Vegezzi veniva da una famiglia ricca: si legge in un documento: " ..doctor
dominus presbiter Petrus Maria Vigletius prepositus, filius nobilis Francisci...",
cioè: dottore signor prete Pietro Maria Vegezzi proposto, figlio
del nobile Francesco. Fu un sacerdote esemplare, attivo e generoso, anche
in mezzo a grosse prove spirituali e materiali, tra cui l’incomprensione
e l’ostilità di un suo sacerdote coadiutore che era alla testa di
un gruppetto di parrocchiani sempre contestatori. Si adoperò per
migliorare le condizioni morali dei Melegnanesi, correggendo il vizio dell’ubriachezza
e della bestemmia. Compì anche i primi tentativi per spingere le
autorità spagnole a dare un volto nuovo urbanistico a Melegnano,
spingendosi fino a chiedere un nuovo ponte sul fiume Lambro da aggiungersi
a quello già esistente. Intervenne per favorire la costruzione del
monastero delle Suore Orsoline, accanto alla chiesa di San Pietro; ed anche
per suo diretto intervento il monastero ebbe un notevole sviluppo e l’area
occupata era ampia il loro giardino, che costeggiava la riva del Lambro,
presto fu detto il giardinone. Nella seconda metà del 1700, prima
di essere soppresso, il monastero ospitava 36 suore. Lo stesso preposto
Vegezzi pose la prima pietra della nuova chiesa di San Giacomo e Filippo
il 22 febbraio 1592 e questa fu costruita dove ora si trova la Via Marsala,
qualche metro prima della sede del Credito Commerciale, ed ora è
quasi del tutto demolita. Inoltre egli rese più organica e più
diffusa l’iniziativa per la spiegazione e la cultura della dottrina cristiana,
fondando un’apposita Congregazione della Dottrina Cristiana. Dalle autorità
superiori nel 1601 era stato destinato ad un altro incarico, ma non lo
si volle perdere per Melegnano. Fu scritta questa lettera: "Facciamo
fede indubitata noi infrascritti nobili, priori, console et deputati della
terra di Melegnano qualmente il reverendo signore Pietro Maria Vegiezzi
preposito della chiesa di San Giovanni Battista di Melegnano che il suddetto
non solo non ha commesso alcuna indignità ma sempre si è
portato da buon religioso in ministrare i santi sacramenti, quando è
stato ricercato, tanto ai sani come alli infermi, et predicare al popolo
quasi tutte le feste in pulpito o all’altare, et perciò supplichiamo
monsignor illustrissimo et reverendissimo il signor cardinale arcivescovo
(Federico
Borromeo) nostro signore farci gratia di non
levare detto preposto da Melegnano per collocarlo altrove, ma lasciarlo.
Del che tutti ne resteremo obbligatissimi a signoria illustrissima per
conservatione della quale sempre pregheremo sua Divina Maestà, et
così speriamo. Io Ferrante Medici marchese di Marignano affirmo
et prego come soprascritto. Hestor Vicecomes (Visconti)
fidem facit et rogat ut supra. Franciscus Binagus phisicus (cioè
medico non chirurgo) fidem facit et rogat ut supra. Alexander de Paludis
pro pretore,fidem facit et rogat ut supra. Io Giovanni Angelo Gallarato
faccio fede et supplico farsi come sopra. Io Giovanni Iacomo Bescapè
gentilomo in detta terra facio fede et supplico come sopra.Io Giovanni
Antonio Prealoni atesto et supplico come sopra. Horatius Salarius prepositus
Sancti luliani et Prior generalis Congretationis doctrinae christianae
Melegnani fidem facio et rogo. Ego Antonius Binagus notarius publicus mediolani
ac prior sanctissimi Rosarii fidem facio et supplico ut supra. Antonius
Maria Martinus thesaurarius Scholae Sanctissimi Sacramenti attestat et
supplicat ut supra. Io Giovanni Battista Gambaro consule di deta terra
afermo et supplico ut supra. Io Ieronimo Cornaliano deputato di deta terra
afermo et supplico ut supra. Io Marco Antonio Machagno uno deli deputati
di detta terra affermo et supplico ut supra. Io Bernardo Bernardino deputtà
lano 1601 facio fede come di sopra et suplico. Io Giovanni Pietro Bolgiano
deputà lano 1601 afermo ut supra".
La riduzione del numero dei
Curati
Il 10 maggio 1588 il prevosto Vegezzi inviava all’arcivescovo di Milano,
Gaspare Visconti, la richiesta di sopprimere una delle tre cappellanìe
curatizie in modo da avere due curati e non più tre. Il motivo della
petizione era finanziario: le rendite della chiesa, secondo gli statuti
della fondazione della parrocchia, dovevano essere divise in cinque parti
due al prevosto e tre rispettivamente ai tre curati e la somma delle entrate
che era di 200 scudi non risultava più sufficiente al mantenimento;
togliendo una cappellania, la divisione delle rendite si sarebbe fatta
in quattro parti e non più in cinque parti. Quindi il salario sarebbe
stato maggiore per ciascuno dei sacerdoti.
Bisogna osservare che la carica a curato comportava una serie di impegni
pastorali non indifferenti e soprattutto la continua presenza operante
pastorale, anche se gli impegni imposti dagli statuti del 1442 non erano
più rigorosamente osservati, perché nella Visita pastorale
di san Carlo nel 1567 non esisteva più il testo degli statuti e
neppure un archivio parrocchiale serio. Il prevosto nella domanda all’arcivescovo
si mostra preoccupato quando scrive: “...non si trovano
capellani quali vogliono accettare alcune di dette portioni vacanti, per
il che la chiesa ne resta grandemente lesa...” e la petizione fu
ascoltata: alcuni anni più tardi i curati furono due.
La
penalità dell'interdetto e la Congregazione della Dottrina
Il 25 giugno 1595 la Comunità di Melegnano fu colpita da un
castigo gravissimo, l’interdetto ecclesiastico. E la pena canonica che
priva i fedeli dei sacri riti e li rende incapaci all’uso di determinati
diritti spirituali, senza tuttavia escluderli dalla comunione con la Chiesa.
E dunque una pena medicinale comminata per qualche grave sbaglio di ordine
morale o disciplinare. Per alcuni giorni in Melegnano e per tutte le chiese
venne vietata ogni ufficiatura divina e ogni rito sacro compresa l’amministrazione
dei sacramenti. Il motivo che ha fatto decidere l’interdetto fu il ballo
pubblico sulla piazza del Castello medIceo nel giorno dedicato alla Natività
di san Giovanni Battista, il 24 giugno. La notizia ci viene data dallo
storico melegnanese Giacinto Coldani, il quale, nel suo manoscritto (di
cui una copia è in Archivio Amelli, Melegnano, dal titolo Ragguaglio
della chiesa di San Giovanni Battista in Melegnano..., e il cui originale
è presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano, segnatura A.S.II,5)
scrive: “Il giorno 25 giugno del 1595, in cui correva
la quarta Domenica del mese, non si fece la Congregazione della dottrina
cristiana per esser stata interdetta la Comunità di Melegnano a
cagione d’aver pubblicamente ballato nella Piazza del Castello il giorno
innanzi, cioè il dì festivo di san Giovanni Battista”.
La “Congregazione” di cui parla sopra lo storico Giacinto Coldani è
la riunione dei consiglieri della Scuola della Dottrina cristiana, in numero
di dodici che dovevano decidere sulle questioni spirituali e materiali
riguardanti la Congregazione diocesana della Dottrina Cristiana del Sud
Milano con sede e centro direzionale nella parrocchia di Melegnano. Bisogna
qui ricordare che il 13 maggio 1565 con il permesso di san Carlo Borromeo,
il melegnanese Giovanni Battista del Conte incominciò la scuola
della dottrina cristiana “a pochi ragazzi e ragazze
non meno discoli che sfacciati, per esser quello un secolo pieno di corruttele
e di vitij”. Questa iniziativa innescò una più vasta
presenza di laici e fu l’origine di un’organizzazione parrocchiale organica
e meglio disciplinata e diretta, avente come scopo l’insegnamento a tutte
le categorie di persone. I primi laici che affiancarono e che si preoccuparono
di stabilire con chiarezza la scuola di catechismo sia ai ragazzi sia agli
adulti furono questi: Ambrogio Grancini, Franco Martini, Antonio Magno,
Gabriele Magno, Franco Corsini, Giovanni Battista Prandini, Angelo Cremaschi,
Margherita Martini, Caterina Cami. Queste persone devono quindi essere
considerate come il primo gruppo di laici al servizio della parrocchia
nel settore della catechizzazione. La loro opera fu così intensa
e benedetta che il 6 gennaio 1586 a Melegnano venne fondata la Congregazione
diocesana, per l’accrescimento delle Scuole della dottrina cristiana sia
in paese sia nelle località periferiche; e a questo proposito ecco
ancora un folto gruppo di laici assumersi gli incarichi della direzione:
Camillo Visconti, discreto generale; Franco Asti, discreto generale; Giovanni
Antonio Mangiarotti, avvisatore generale; Franco Corsini, avvisatore generale;
Alberto Forti, visitatore generale; Giacomo Botta, cancelliere generale;
Giovanni Antonio Manzoni, vice-cancelliere generale; Cristoforo Cornegliano,
assistente; Giovanni Antonio Necchi, assistente; Andrea Fracappani, assistente;
Benedetto Pandini, assistente; Domenico Musella, assistente. In questi
anni di fervore religioso si costruirono le due cappelle laterali; quella
odierna dedicata al Sacro Cuore, che fu eretta nel 1580, chiamata cappella
Rancati e dedicata ai santi Cosma e Damiano, e la cappella dei Rosario,
che sarà tanto venerata e frequentata dalla gente in ogni tempo
fino ad oggi.
Melegnano
Capo di Pieve e Vicariato Foraneo
Nelle Istructiones Visitatorum emanate da san Carlo Borromeo nel 1584
per i visitatori delle Sei Regioni in cui era stata divisa la diocesi ambrosiana
Melegnano appare come capo di pieve tra le pievi della Sesta Regione. La
parola “pieve” deriva dal latino plebs,
che vuole dire popolo, ma anche territorio ecclesiastico. Quindi la chiesa
o parrocchia che era capo di pieve aveva alle sue dipendenze altre chiese
o piccole parrocchie del circondario. La pieve quindi si presenta con un
clero plurimo e un prevosto che vi sta a capo e che gode di una certa dignità
sugli altri parroci e sacerdoti addetti alle diverse chiese e cappelle
dei dintorni. E una forma di organizzazione del territorio rurale che converge
verso il capoluogo e che forma un vero distretto rurale. Inoltre
il prevosto di Melegnano è stato nominato “vicario foraneo”. Un
documento dell’archivio di san Giovanni Battista, portando notizie del
melegnanese don Carlo Bascapè, professo nella Congregazione dei
Barnabiti in Milano, per l’anno 1580, il giorno 3 giugno, dà questa
indicazione: “...Vicarius generalis Mediolani domino
praeposito ecclesiae sancti loannis Baptistae burgi Melegnani mediolanensis
diocesis, et in eius plebe Vicarius foraneus...”.
Il documento riporta dunque che nel 1580 il prevosto di Melegnano era
vicario foraneo. Ma nel documento si dice che “il prevosto è impedito”;
vi era cioè questa situazione: il prevosto Pietro Maria Vegezzi
era stato nominato parroco nel 1579, ma prese possesso della parrocchia
il I° ottobre 1580; al tempo del documento sopra riportato (3 giugno
1580) egli non era in pieno possesso della parrocchia, e quindi non poteva
essere presente e responsabile degli atti legali che riguardano la parrocchia
stessa. I vicari foranei sono quegli ecclesiastici che, costituiti fuori
dalla città episcopale, aiutano in certo modo il vescovo nel regime
della diocesi. Il loro potere tutto si misura dalla concessione fatta dal
vescovo: trasmettere le norme diocesane, vigilare sulla disciplina ecclesiastica,
visitare le parrocchie a loro soggette e che formano la vicaria di loro
competenza, o vicariato. |