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Bascapè
Le famiglie illustri |
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Bascapè
Nel XII secolo si hanno le prime notizie certe della famiglia Bascapè, Signori di Bascapè, Torrevecchia e poi di Castel Lambro. Il 31dicembre 1167, Oldradus de Basegapei, console Mediolani, firma i patti d'alleanza tra le città di Cremona, Bergamo, Milano, Brescia e Lodi. Da una carta dell'11 marzo 1181, sappiamo che Oldradi Basilica Sancti Petri e Johannis de Basericapetri avevano possedimenti aValera Fratta. In un atto del 13 maggio 1184, si apprende che Oldradi de Basegapei aveva possesioni anche a Castel Lambro. Nel 1264, ma l'indizione indica il 1274, Petro de Barsegapè, finisce la stesura del "Sermon Divin", composto da 2440 versi "Del novo e del vedre Testamento", scritti in volgare. Di Petro, sappiamo che era un "fanton" , uomo d'arme, come scritto alla fine del suo poema (in cui si cita quattro volte), oltre ad annotare di averlo finito in quell'anno, il venerdì primo giugno, sul calare del sole. Pare sia "Sua" la lettera datata 31 marzo 1260, mandata al Podestà di Firenze, nella quale "Petro de Bazagapè de Mediolano" si offre di aiutarlo con alcuni cavalieri, ma persona di indubbia cultura, in un rogito del 17 dicembre 1279, compare "Petrus filius domini Maynfredi de Basilicapetri, civitati Mediolani …", notaio del Capitolo del Duomo. L'11 novembre 1268, Alberto de Basilicapetri "Mediolanensis ecclesario ordinario, vicario generale domini", dà la facoltà al vescovo di Lodi, Bongiovanni Fissiraga di benedire e porre la prima pietra della nuova chiesa carmelitana in Milano. Ed il 25 giugno 1270 nelle vesti di servitore del Comune di Milano, "in super palatio novo comunis" di Milano, giura, a nome di Alberto Rondane, di rispettare i termini di pace con il Comune di Lodi. In un documento di investitura datato 3 agosto 1279, troviamo menzionato, oltre al vicario bascaprino Alberto de Basilicapetri, "... presbitero Pagano Guaitamacho capellano ecclesia de Bazzanella Mediolanensis diocesis ...", del quale non possiamo dimostrare la parentela con i Guaitamacchi di Mairano. La famiglia Bascapè, dopo la distruzione di Castel Seprio (28 marzo 1287), fu messa al confino dai Visconti. Nell'Archivio di San Fedele a Milano si trova un atto del 20 giugno 1287, dove Brentanus de Basilicapetri "ordinarius ecclesie Mediolani", dichiara di aver ricevuto la decima del capitolo di S. Lorenzo, in occasione della guerra contro i siciliani. Nel 1329, un diploma di Ludovico il Bavaro, menziona un ramo della famiglia Bascapè, iscritta alla nobiltà milanese. Oldrando de Basilica Petri, nobile milanese ghibellino, nel 1404, comanda le truppe contro il Vignati ed i suoi alleati, per questi meriti, il 9 agosto 1412 gli viene concessa l'immunità perpetua sulle tasse, per se e i suoi discendenti, sui beni in moltissime località nel Melegnanese e fuori, tra cui: Bascapè, Pairana, S. Zenone, Mairano, e tutte quelle acquistate dopo questa data. Nel 1460, troviamo Giacomo Bascapè in qualità di notaio in Lodi. |
Bechalòe
Le origini di questa famiglia sono incerte, fu feudataria di Beccalzù ed imparentata coi Bascapè, con i quali finì per fondersi. Arrivata, si pensa, dalla Germania nel XII° o XIII° secolo, come ceppo nobile assieme ad altri, forse da Bechhofen, il Muratori ci tramanda che Guido da Cermenate, deride Guido Torriani, perchè il 12/02/1311, durante gli scontri contro Arrigo VII°, si nascose in casa di Frà Jacopo da Beccalò, "plebeii civis domi latitans", quindi doveva esistere una famiglia patrizia ed una plebea. Se come i da Settala, questa famiglia era tedesca, con i dati in nostro possesso possiamo analizzare due toponimi moderni. Bechhofen, cittadina appena sopra Monaco di Baviera, la cui radice "Bech-" in germanico, significa corso d'acqua, "-hof-" cortile od alone (nel senso maggiorativo di aia) ed -en si può paragonare al nostro -ato, quindi significherebbe "Corso d'acqua cortilato" o meglio "alonato". Il Gorra visto il blasone dello stemma propende per l'attuale città di Buchloe, dove Bech (vocabolo più antico) è stato sostituito da Buch (libro) e probabilmente "loe" termine di discussa origine, risalirebe al dialetto tedesco "losch" cioè loss o loess, termine che indica un terreno instabile. "Beccaloam familiam seu de Beccaloe vetustam esse Mediolani agnosco", "Famiglia Beccalo o meglio di Beccaloe tra le più vecchie (famiglie) milanesi che conosco", così dice il Fagnani in un suo manoscritto conservato all'Ambrosiana. Per saperne di più sull'antichità della famiglia, dobbiamo leggere il Giulini, il quale ci dice che nel 1277 Ottone Visconti, ordina la stesura di un elenco di famiglie nobili ammesse agli ordinariati del Duomo, e vi sono citati i Bechalòe. Con un salto di 111 anni arriviamo al 1388 dove, secondo il Fagnani, Giovannino, Lanzano e Cristoforo Beccalòe, sono menzionati tra i Consiglieri e i Decurioni della città, ancora Cristoforo nel 1394 è preposto alla fabbrica del Duomo, nel 1403 è tra i Dodici di Provisione e nel 1404 è Referendario del Comune e nel 1406 troviamo un Porino Bechalòe preposto alla fabbrica del Duomo. Negli anni tra il 1352 e il 1381, si svolge la vita di Bonacosa da Beccalòe, che possiamo leggere nella probabile copia di un manoscritto dell'epoca, fatta risalire dallo studio della paleografia alla fine del XIV secolo o ai primi anni del XV. Pubblicata nel 1909 dal Prefetto dell'Ambrosiana, il Sacerdote Oblato Dott. Achille Ratti, prima di divenire Papa Pio XI, in onore delle nozze Jacini- Borromeo, celebrate il 07/02/1909, riporta i fatti che hanno fatto diventare Beata questa nobildonna ed i personaggi, tra cui chi l'ha scritta, in terza persona senza mai nominarne i nomi propri. Scritto in volgare illustre altoitaliano, probabilmente pavese, ci da alcuni particolari di dove si svolgono i fatti, "Questa si è la vita de Beata Bonacosa de la citae de Milano", quindi era cittadina milanese, ed in più il testo ci dice "abitava in San Nazaro in Brolio, quella verso Porta Romana". "Scritto dal suo direttore spirituale e confessore straordinario", senza accennare al suo nome, ed aveva anche un confessore ordinario nel testo chiamato "lo so padrin", cappellano di San Nazaro in Brolio, mentre non è menzionato il nome del direttore spirituale, annoto solo che andava spesso in Santa Tecla e qui a 21 anni ed a tre dal "sancto matrimonio" a messa in Santa Tecla, avvenne la scoperta della sua vocazione. Lo scritto dice che fu confessata, e ricevette l'olio degli infermi, di venerdì, perchè il sabato non poteva parlare, qui elenca le ragioni per considerarla Beata, tra cui il marito che non era un gentiluomo (ma senza farne il nome). "Qui alo nome del Padre e del Figliol e del Spirito Sancto sie finita la legenda (cosi è chiamata la biografia dei santi) de Beata Bonacosia da Bechaloe da Milano, la qual passay da questo seculo anno divinae incarnationis MCCCLXXXI die sabbati, XI mensis Maii (Mazo, nel resto del testo), (hora) XIX (ci dice addirittura che è spirata alle sette di sabato sera) ipsus diei. Deo gratias. Amen". Ma il personaggio che ci ha lasciato più materiale non cartaceo è frà Mirano (Milano) da Bechalòe, vissuto tra la fine del 1200 ed i primi anni del 1300, il suo sarcofago o per meglio dire il suo fronte che era in San Marco, ma fu poi usato come decorazione alla base della torre gotica di villa Antona-Traversi ora Titoni a Desio, misura cm 220x80 ed è scolpito da Maestri Campionesi, il testo, che riproduco di seguito, è inciso in pregevoli caratteri gotici. "Anno mileno deno dominique triceno none die (me) bris dat gaudi a (mse) novembris cum justo noe Mirani de Bechaloe Qui pius et lenis fuit atque benignus egenis hos sustentando nec non alimonia dando." Nell'anno del Signore millesimo trecentesimo decimo il dì nono nel mese di novembre da gioie (celesti) insieme col giusto Noe alle membra di Mirano de Bechaloe, il quale fu pio e mite e benigno verso i poveri sia col beneficarli, sia col dar loro alimenti. |
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