![]() |
![]() | melegnano.net | ![]() | Melegnano.net
|
![]() |
L'oratoria letteraria |
L’oratoria letteraria
L’oratoria è un genere letterario in prosa costituito da opere concepite per la declamazione davanti a un uditorio. E l’oratore è la persona particolarmente eloquente, parlatore abile ed efficace, che tiene un discorso in pubblico. Certamente un buon oratore era Carlo Bascapè (1550-1615) per la sua stessa vocazione e posizione eminente, prima come superiore generale dei Barnabiti, rieletto per altre due volte, e poi per la responsabilità di vescovo di Novara dal 1593 al 1615, anno della morte. E’ ricordato come oratore valente Carlo Cosimo Medici (1714-1772), marchese di Melegnano, membro della famosa famiglia nobiliare Medici di Marignano, i quali furono nostri marchesi e furono pure proprietari del nostro castello dal 1532 al 1981. Nel 1738 Carlo Cosimo sposò la marchesa spagnola Maria Teresa Ajax y Vreta, che gli diede due figli. Quando la marchesa venne a morte nel 1748, Carlo Cosimo si fece sacerdote e celebrò la sua prima messa a Melegnano con grande solennità. Subito si diede alla cura pastorale dei paesi vicini a Melegnano, con preferenza alla predicazione. A Melegnano volle un pulpito appositamente eretto per lui sulla pubblica piazza antistante alla chiesa di san Giovanni Battista. Quando andava a predicare fuori Melegnano, usava una fastosa carrozza portante le sue insegne e gli stemmi nobiliari, con quattro maestosi cavalli e un lungo seguito di servi e domestici in livrea. Non ci è arrivata, finora, la sua opera oratoria, dalla quale si ritirò, deluso perché non era stato nominato vescovo di Como, come avrebbe desiderato. E andò a riposarsi per sempre nella villa medìcea di Frascarolo, in provincia di Varese. Grande oratore, oltre che buon scrittore, è stato Alfonso Pirani, maestro delle scuole elementari di Melegnano, per le classi IV e V. Nato a Finale Ligure nel 1837, morì a Melegnano stimato e amato da tutti. Si fece per lui una grande festa il 29 giugno 1908 nell’occasione del suo 40° anno di insegnamento, con medaglia d’oro e dichiarato Benemerito dell’Istruzione. Morì il 28 dicembre 1914 e fu sepolto nel cimitero di Melegnano. I suoi ex alunni poterono salvare e dare alle stampe, nel 1908, una preziosa quantità di materiale culturale del Pirani. Sono poesie, discorsi storici di commemorazione, discorsi per nozze, parole per varie circostanze, bozzetti per teatro e discorsi - da lui definiti Foglie di Cipresso - nel giorno dei funerali di qualche notabile melegnanese, discorsi che oggi sono, per noi, anche una buona fonte storica indispensabile per certi aspetti della Melegnano della seconda metà dell’Ottocento. I contenuti dei suoi scritti e dei suoi discorsi sono la storia italiana, le associazioni melegnanesi e in special modo la Società Operaia, gli avvenimenti sociali della sua epoca, i personaggi illustri da lui conosciuti. Si esercitò anche nella poesia, una poesia sempre di chiara comprensione, con accenti carducciani. Si osservino le quartine dell’Inno ai Democratici, composto il 24 marzo 1905 e musicati dal fratello del Pirani, Arturo: Onore e gloria a’ martiri Dell’ italo riscatto, Che rinnovar col sangue Qui di Legnano il patto. Sorsero al grido unanime Di vincitori o morti - Fugar - scrisse la Storia - Le austriache coorti. Salvete, o Voi dell’ italo Onor suprema gloria! Cento campane a stormo Fur l’inno di vittoria. Salvete! - Il vostro cenere Nova maturi un’era, Ch’elevi l’egra Italia A libertà più fiera. La prosa di Pirani è forte, ricca di riferimenti, con un buon uso di aggettivi e di avverbi, precisa nella punteggiatura, talvolta con una voluta ricerca di inserimenti retorici che tuttavia non guastano. Riportiamo qui, come un esempio, il breve discorso che Pirani pronunciò in una commemorazione del 23 marzo 1848 davanti alla lapide del conte Carlo Porro in Melegnano, e dove, nel discorso, sono ricordati i commissari austriaci De Betta e Graziano d’Asti, e dove sino citati anche Lazzari bruciato vivo e lo stupro fatto alla direttrice di una scuola privata, la signorina Steffanini. Era il famoso 23 marzo 1848. "L’austriaco sgominato, quivi aveva fatto sosta unitamente alla sua preda. Di questa faceva parte il contino Porro, il quale, incatenato con altri, stava assiso dinanzi al focolare d’uno stanzone a pian terreno di questa casa. Il pensiero era a Milano - a’ suoi cari -, scoccava l’ora triste che le squille salutano il dì che muore. Un colpo di fucile tuonò nella stanza - il contino Carlo cadde fulminato. De Betta e Graziano d’Asti s’eran dato la mano e la conquista della libertà aveva un martire in più. Fu un fuggi fuggi, lasciando alla disgraziata Melegnano l’orrore del saccheggio, l’esecrazione della vendetta nel povero Lazzari, l’abbominio del disonore nella pudibonda direttrice Steffanini. I cenci ed i blasoni uniti in fraterno amplesso avevano compiuto lo sfratto dello straniero e la viltà volle il suo alloro. Tornati tempi più tristi, non si vide nell’Italia che un giardino da sfruttare e moltitudini da spremere. Allora si sentì l’amore e l’odio, il dolore e la passione, l’eroismo e la morte; e le creature forti e deboli, felici e sventurate vibrarono come corde metalliche tutti i soffi della vita, si studiarono le tombe e dimenticando ricordanze di colpe, l’Italia non fu più la terra dei morti, né un punto geografico, ma sì una nazione forte, indipendente e libera. Sia gloria ai martiri del nazionale riscatto. Ed ora che al progresso delle scienze, delle arti e delle lettere, nuove idee sociali vanno sviluppandosi al ben’ essere dei sofferenti, l’Italia attende pur essa una nuova era di giustizia, di pace, di libertà, d’amore. E noi fidenti, facendo nostre le virtù degli avi, noi pure avremo la nostra Domenica delle palme.". |
|
tel. 02 9837517 Melegnano Via Castellini, 27 |