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Una generazione tra due secoli |
Una generazione tra due secoli
Dalla metà del 1800 ai primi decenni del 1900 vi è un gruppo di scrittori che spaziano in diversi campi del sapere e rendono felicemente multiforme l’aspetto della cultura letteraria melegnanese. Davide Rossi, sacerdote, professore, storico (1846-1932). Fu rettore e professore per 50 anni del Collegio Rotondi di Gorla Minore, poi parroco a Colturano nelle vicinanze di Melegnano. Per i suoi studi di storia fu nominato membro della Società Storica Lombarda. Davide Rossi, tra altri suoi scritti, stese una relazione sulla battaglia che fu combattuta in Melegnano l’8 giugno 1859. La stesura della sua cronaca appare sul bollettino La Campana del 1909. Sono sei lunghi articoli storici di grande importanza per conoscere il tragico evento. Egli assicura che la battaglia di Melegnano è da lui ricostruita raccogliendo il materiale “da storici contemporanei e da testimoni oculari tuttora viventi”. La sua stesura è ricca di nomi di militari e di località, specie dei rioni, delle vie e perfino dei palazzi e cortili della Melegnano del 1800, quali Ponte di Milano, via delle Monache, piazza Visconti, fine del Borgo, Portone di S. Rocco, Castello, borgo S. Rocco, Molino Rotto, Maiocca, Maiocchetta, S. Francesco, Costigè, che sono le nostre località melegnanesi dove più aspra si svolse la battaglia. Il Rossi usa uno stile ricco di aggettivi, forte nei toni, deciso nelle descrizioni anche più crude. Vi si sente la mano di un esperto in letteratura. E’, dunque, una cronaca che ti avvince e che non lasci fino alla fine della narrazione. E’, perciò, una fonte storica primaria indispensabile per la conoscenza diretta e completa sulla famosa battaglia. Amante dei documenti, dei manoscritti, dei manifesti murali e della cultura melegnanese fu Alessandro Maggi, nato nel 1848 e morto nel 1930. Fu per tanti anni impiegato al Comune di Melegnano con la carica di messo comunale. Scrisse diversi componimenti letterari come poesie, e rimane come suo capolavoro una composizione letteraria scritta nella solenne ricorrenza del cinquantesimo anniversario della battaglia di Melegnano dell’ 8 giugno 1859, in forma di acrostico, che noi qui riproduciamo:
Non melegnanese, ma di adozione melegnanese, fu Antonio Parigi, (1850-1925). Medico e farmacista. Coltivò la poesia con amore, alimentò la cultura a Melegnano e gli fu affidata la direzione del bollettino La Campana, che diresse dal 1918 al 1925. Su La Campana del 1° novembre 1925, a pagina 474, quando si annuncia la sua morte, così si scrisse: “La famiglia della Buona Stampa ha perduto un valoroso milite nella persona del Sig. Parigi Antonio, colpito da repentino malore, che in poche ore lo tolse all’affetto della moglie e di tutti i suoi ammiratori. Contava ormai 75 anni; acciacchi e disturbi lo infastidivano; ma la sua volontà era sempre pronta al servizio del prossimo, sia coll’assistenza medica, essendo laureato farmacista, sia col prestarsi ad ogni richiesta sempre disinteressatamente. Ma dove rifulse la validissima sua opera fu nella diffusione della Buona Stampa, ch’egli compì con veri sacrifici di giorno e di notte, colla buona e colla cattiva stagione. La sua dipartita fu pianta in tutta la parrocchia, ed il vuoto da lui lasciato non sarà così presto colmato”. Diamo un saggio della sua vena poetica trascrivendo una sua composizione dal titolo Il maggio a Maria, pubblicata su La Campana del 1° maggio 1922. Sono endecasillabi a rima alternata: Maria, dell’alma il maggio sei, del core modellatrice amabile e sicura; sei, de la mortal vita ciò che amore è in società esposta in legge dura. Pel mondo sei quel sol, ch’ogni fiore veste, e perciò ogni frutto si matura: l’ambrosia sei ch’alleva ogni dolore, qual non s’affiderebbe a la tua cura? Accogli adunque come primo fiore il nostro cor, che d’ogni orrore da Te mondato, rendi al Figlio tuo, ch’Ei lo conservi, e resti sempre suo. Scrittore di geografia fisica fu Edmondo Brusoni, nato il 3 marzo 1860 a Melegnano e morto a Lecco nel 1919. I genitori, Pietro e Teresa Fiocchi, gestivano in Melegnano una rinomata osteria. La madre era melegnanese, il padre veniva da Campo Rinaldo. Edmondo Brusoni era professionalmente un musicista e maestro di musica. Tuttavia, quando si portò a Lecco, fece molte escursioni sui monti e sui laghi, la cui descrizione ci lasciò su diversi volumi. Dedito allo studio e alla ricerca di geologia, oltre all’insegnamento universitario, fu Carlo Fabrizio Parona (1855-1939). Nato a Melegnano e morto a Busto Arsizio. Al fonte battesimale ebbe come padrino Fabrizio Bossi che era l’Imperiale Regio Commissario Distrettuale del governo austriaco in Melegnano, segno, questo, che il Parona era di famiglia benestante e di notevole dignità sociale. Il padre Angelo era l’Imperiale Regio Pretore di Melegnano. Carlo Fabrizio Parona si laureò a Padova e insegnò geologia all’università di Torino dal 1889 al 1930. Scrisse molte opere di geologia, frutto di tutte le sue ricerche sul posto. E oggi molti suoi libri o articoli sono conservati presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano. L’opera fondamentale è il Trattato di geologia con speciale riguardo alla geologia d’Italia, edito a Milano da Vallardi nel 1903. Già precedentemente aveva compilata nel 1886 l’opera Valsesia e Lago d’Orta. Descrizione geologica. Con carta e profili geologici. Parona è soprattutto noto per un gruppo di studi geo-paleontologici sulla Tripolitania e su fossili raccolti in Eritrea, Somalia e altrove, e per le proposte pratiche, in gran parte effettuate, intese a migliorare le condizioni del terreno libico agli effetti agrari. Fu presidente del Regio Comitato Geologico e della Regia Accademia delle Scienze di Torino. Collaborò alla “Nuova Enciclopedia Agraria Italiana”, trattando le Nozioni di geologia dinamica, storica e agraria. Il Parona volse la sua attenzione ai fossili, sui quali scrisse molti articoli in riviste scientifiche specializzate. Il suo nome è citato anche nelle migliori enciclopedie nazionali. Non è facile descrivere l’opera di un grande melegnanese, cioè di Pellegrino Origoni (1868-1934), amministratore di beni pubblici e di vari Enti, segretario di diverse associazioni e consigliere comunale. Per i fatti della sua vita rimandiamo al Dizionario biografico dei Melegnanesi. Egli ci ha lasciato una buona quantità di manoscritti, nei quali noi cogliamo il testo delle sue conferenze culturali che egli ha tenuto nelle varie assemblee del Circolo Culturale Cattolico “San Maurizio”. A noi interessa un suo opuscolo, modesto nella forma, ma di immenso valore nel contenuto che ha come titolo “Il proposto don Giovanni Candia ed i suoi tempi. 1728-1812". Fu stampato a Milano nel 1904. E’ un’opera in 17 articoli, dove l’Origoni stende non soltanto la vita del prevosto di Melegnano don Giovanni Candia, ma dove espone quanto sia avvenuto a Melegnano e indirettamente in Lombardia negli anni intensi della dominazione austriaca nel 1700, del periodo napoleonico e del Regno italico. L’opera dell’Origoni è ricca di date, di nomi, di ricordi e di descrizione della vita di secolari istituzioni melegnanesi. Vi si sente la passione, talvolta troppo sofferta, per la dispersione di tanta storia melegnanese distrutta dalla fobìa anticlericale. Forse, questa sua animosità contro gli interventi governativi in fatto di vita ecclesiastica, lo hanno portato ad una poco obiettività nella descrizione. Ma questo è soltanto un nostro sospetto. Scrittrice di gusto squisito e delicato fu Fanny Dyer, al fonte battesimale Maria Francesca Luigia. Nata il 25 settembre 1875 da Giovanni e da Teodolinda Arrigoni. Conseguì il diploma di maestra di scuola elementare e insegnò per tanti anni nelle nostre scuole melegnanesi. Collaborò intensamente con scritti di prosa e di poesia al mensile La Campana. Si segnalò con uno stile letterario elegante e sereno. Suo capolavoro poetico rimane la composizione in versi Regina Pacis, in undici quartine di settenari a rima alternata, scritta nel maggio 1916, quando infuriava la prima guerra mondiale con i suoi orrori, di cui la Dyer si fa interprete con commozione lirica, quando scrive: Sparso di mesto pianto, il mese a Te sacrato, Chiudesi in triste ammanto, Nel duolo sconsolato. E sui cruenti campi, Tuona il cannon di guerra, Passan sinistri lampi, Che nostri fratelli atterra. Studiosa di pedagogia e di psicologia, la Dyer tenne anche diverse conferenze per le istituzioni femminili di Melegnano. Una conferenza in particolare ebbe successo, quella dal titolo Educazione della gioventù, trascritta su La Campana del gennaio 1924. Tra l’altro, ella disse: "Io non intendo parlare, figliole care, dell’educazione antica, che trovava le sue risorse, poco lodevoli, nello staffile, o nello scudiscio; né di quella di Sparta e di Roma, che colla ferrea disciplina, irrobustendo il corpo, ne inaspriva l’animo, e spesso lo induceva alla rivolta e all’odio implacabile. Non parlo dell’educazione moderna, fatta di sentimentalismo e di galanterie! Voglio inneggiare alla vera educazione intellettuale e morale che indirizza tutte le sue azioni ad un fine superiore.". La Dyer lasciò Melegnano per seguire la famiglia a Oggiono. Ma da quel paese sulla sponda meridionale del lago di Como, continuò la sua collaborazione letteraria, scrivendo su La Campana bozzetti, novelle e un romanzo a puntate. L’avvocato Giuseppe Castelli (1878-1947) nacque da Guglielmo e da Giuditta Rognoni. Studiò all’università di Pavia e di Roma, laureandosi in Giurisprudenza e in Chimica farmaceutica. Fu regio commissario per il Comune di Melegnano negli anni 1921-1923. Divenne amministratore e segretario generale degli Istituti Ospedalieri di Milano. Per più ampie notizie si veda il Dizionario biografico dei Melegnanesi. Il Castelli fu autore di numerose pubblicazioni, saggi storici, scientifici e culturali. Autore di ricerche sul melegnanese garibaldino Giuseppe Dezza, e un suo saggio è rimasto a noi pregevole, dal titolo Da Melegnano al Quirinale, dove espone con precisa documentazione e ricchezza di indagine la presenza di Giuseppe Dezza nel contesto delle vicende storiche italiane dal 1848 al 1898. Scrisse 85 tra saggi, libri, articoli, recensioni. Parecchi scritti sono riguardanti Melegnano. Noi qui li vogliamo riportare: Un episodio della battaglia di Melegnano del 1859. La lapide al colonnello Paulz d’Ivoy, in “Cinquant’anni dopo”, numero unico, 1909. Profilo di Angelo Valvassori-Peroni (nostro deputato al Parlamento), 17 maggio 1909. Numero speciale. Per la commemorazione della battaglia di Marignano del 1515, in “Regione Lombarda”, 1911. L’opera del commissario regio di Melegnano nel 1922-23. Edito a cura del Comune, Melegnano, 1923. Il monumento del Generale Giuseppe Dezza ai Boschetti, nel bollettino ”Città di Milano”, 1925. Come il Generale Dezza divenne Aiutante di Campo di Vittorio Emanuele II - Nel centenario della nascita di Giuseppe Dezza, nella “Rassegna Gallaratese”, 1930. Per Garibaldi e per il Re. Una storica visita di settantanni fa, nella “Rassegna Gallaratese”, 1934. Il Generale Giuseppe Dezza, nella rivista “L’Ambrosiana”, 1935. Il duello Dezza-Fazzari, nella “Rassegna Gallaratese”, 1935. Giuseppe Dezza e le giornate del 1848, nella rivista “Milano”, 1935. I Melegnanesi alle Cinque Giornate, nel numero unico “ Le Cinque Giornate”, 1848-1938. Da Melegnano al Quirinale. Come un melegnanese diventò aiutante di Vittorio Emanuele II, nel numero unico “La Fiera del Perdono”, Melegnano, 1941. Buon scrittore di composizioni poetiche è stato Riccardo Bergomi, vivente nella prima metà del 1900. Di lui sono arrivate poche liriche, ma sufficienti per delineare una sua autonoma capacità espressiva nella fantasia e nel sentimento. Le sue liriche si concentrano quasi unicamente su motivi storici e commemorativi melegnanesi, con titoli significativi: - Dal vecchio cimitero i Caduti in attesa dell’Ossario. - Al maestoso Ossario dei Caduti di Melegnano. - Il saluto dell’Unione Ciclistica Melegnanese alle Consorelle Italiane convenute a commemorare i prodi Caduti dell’ 8 giugno 1859. - A Melegnano. Inno popolare. -Nel Cinquantesimo anniversario dei gloriosi caduti della Battaglia di Melegnano. Ma la sua verseggiatura a stento si eleva a toni lirici intensi o solenni. Si sente, piuttosto, un’ispirazione che vorrebbe presentarsi di alto rilievo, ma in verità si ferma ai luoghi comuni di modeste composizioni. Si leggano i primi otto versi della poesia dal titolo Dal vecchio cimitero i Caduti in attesa dell’Ossario, e si potranno notare alcune scelte espressive di uso comune, tali che frenano l’eccellenza di un vero profondo sentimento lirico che a stento riesce ad emergere: Qui dalle tombe venerate, a sera, con flebil voce, mormorando commossi una preghiera a’ piedi della Croce, i mille e mille spirti generosi e padri e figli ed ancor giovin sposi che di loro sangue han tinto l’orma calpesta del nemico vinto. |
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