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Paolo Marchetti
Se c'è un pittore, a cui si attaglia l'aggettivo  "livornese", questi è proprio Paolo Marchetti; toscano, senza con ciò voler attribuire al termine nessun concetto caratteristico, nessuna connotazione particolare o aura poetica.  Livornese,  in quanto nato e cresciuto in un determinato clima culturale  , da cui ha saputo e voluto attingere esperienze ed una certa praticità nella stesura policromatica delle sue composizioni. Paolo Sabatino Telesfolo Marchetti nasce a Livorno nel 1935  pittore da sempre, ha saputo mantenersi all'interno delle individuali coordinate, di cui la natura lo aveva dotato; anche quando le contingenze  della vita lo hanno avvicinato alle altre manifestazioni dell'operare artistico, rimanendo ancorato a certi valori pittorici rappresentati dalla narratività dei maggiori "paesaggisti" del nostro secolo. I suoi valori sono costruiti da un'attenzione affettuosa ed esclusiva rivolta alle cose, agli uomini  tutti inseriti nella sua continua recherche evolutiva delle tematiche. Quando si vuole affermare che Paolo Marchetti è un pittore autenticamente "toscano" si vuole fare riferimento alla categoria metastorica cui appartiene tutto il valore artistico della "scuola labronica"  legato anche da consuetudini , conoscenze ed affetti che sorreggono il suo sforzo pittorico, caratterizzato dal suo essere nelle cose, e da una capacità di analisi e di studio che solo un vero Artista può possedere. Lo spessore artistico originario è rimasto inalterato nel tempo. Marchetti ha potuto trascorrere al di sopra degli eventi artistici, comunicando, nella maggior parte dei casi, una sua affettuosa capacità di interpretare il mondo, sentire il gusto delle cose, avvertire il muoversi delle luci nella sua tradizionale tavolozza riconoscibile nel "paesaggio", vivere e tradurre il senso di un'interiore poesia, sufficiente tuttavia ad allargare il suo cuore alla vista di aspetti che lo emozionano. La misura della sua pittura , proprio per questo, è definita da un'unità d'emozione, che sorregge la sua opera, facendo di un dipinto, una pagina commossa, di un livello superiore rispetto alle potenzialità narrative di numerosi altri interpreti, che con lui  stanno attraversando - non senza lasciare traccia - il nostro secolo. Marchetti è attratto da subito, sia dallo stile, sia dal movimento degli Impressionisti francesi di fine Ottocento. E' un  clima, questo,  che trasmette  ed esalta tutti quei protagonisti che hanno respirato l'aria della cosidetta belle peìnture, la pittura fresca, di un impressionismo rivisitato alla luce delle avanguardie,  pittura di getto e misurata ad un tempo in cui a Livorno imperversavano i macchiaioli  , pittura tonale questa che si apre alle freschezze degli anni migliori di Piagentina, a cui appartengono Orlando Borrani, Telemaco Signorini, Giuseppe Abbati, Raffaello Sernesi e Stanislao Pointeau.  In questo clima, la pittura di Marchetti -  fatti i dovuti distinguo - rappresenta, con la capacita di immedesimarsi emotivamente nel mondo,  un unicum di significativa qualità  . Una pittura, quella del maestro livornese, che con il suo aller au motif  - come dicevano gli impressionisti francesi che passeggiavano per le campagne con il cavalletto sulle spalle e la valigetta dei colori in mano - si riallaccia al solco profondo di una grande tradizione. Malgrado le apparenze, una lettura non frettolosa e non solo epidermica, porterebbe ad ascrivere la pittura di Marchetti molto vicina a quella lesson francoise del secolo scorso. La pennellata e i soggetti di Paolo Marchetti appaiono immediatamente riconoscibili, connotati da quei giochi sottili e nascosti che nascono solo da una pratica, e dall'erudizione pittorica,  tali da richiedere un'attenzione che vada al di là della sua stessa parvenza. La pittura è applicata senza preparazione, velature o ritocchi, con risultati di immediatezza e di freschezza tipica dell' esecuzione diretta en plein air. Immediata emerge infatti la percezione di atmosfere intrise di poesia, bloccate da un tempo immobile, impotenti di fronte ai segni di un'azione consumata e senza più possibilità di un futuro. Il potere evocativo dei dipinti di Paolo Marchetti si avverte con decisione, proprio questo iniziale rimando oltre gli oggetti e le tematiche  rappresentate, nella ineluttabile percezione di un racconto immoto e irrisolto, mostra il senso profondo della pittura dell'artista  . La definizione di "paesaggio" ad ogni singolo dipinto, certo è ascrivibile ad una storia a sè stante. L'Artista la indica soltanto e non la rende mai veramente esplicita. La natura raffigurata negli olii di Marchetti, pur sembrando secondaria - rispetto alla presenza della figura umana - in realtà risulta sempre il soggetto principale. Sino a qualche anno fa l'uomo, che adesso inizia ad essere timidamente accennato, è stato sempre inesorabilmente assente, alla cui azione, tuttavia tendevano ad alludere molti elementi della composizione classica del maestro livornese e in generale l'atmosfera delle immagini  . Cosa sia successo prima ognuno è libero di pensarlo, di inventarlo: difficile è invece immaginare il futuro di questi oggetti e dei paesaggi che li circondano, perchè le atmosfere appaiono cristallizzate in un tempo irreale, che non lascia intravedere sviluppi nella sua immobilità assoluta. Non c'è l'evocazione di sentimenti di inquietudine, nonostante l'ambiguità narrativa di alcuni elementi della composizione: la natura, le cose appaiono infatti inerti nella loro impossibilità d'azione, nella distanza che li separa, in un tempo e in uno spazio indefinibili, dall'uomo che potrebbe utilizzarli e che invece li ha dismessi  . La pittura di Marchetti per ammissione dell'artista stesso, nasce da situazioni suggerite dal mondo reale, dalle contraddittorie immagini sulle quali spesso i nostri sguardi scorrono senza fermarsi  . Tuttavia, dalle suggestioni del quotidiano fino a al quadro finito, passano molte e complesse operazioni, attraverso le quali emerge l'immagine finale, frutto conclusivo di una genesi complessa ed elaborata. Nel risultato pittorico è riconoscibile allora la concretizzazione di un itinerario mentale, nel quale ogni parte della composizione deve trovare la giusta sintonia con il sentire più interiore dell'artista. E quindi il dipinto diviene un'entità a se stante, svincolato completamente dalla apparenza della natura che l'aveva suggerito e invece sottoposto a regole e canoni stabiliti dall'artista, che proprio nel volontario impegno degli elementi di un linguaggio da lui inventato dà forza e potere di comunicazione alle sue opere. le scelte pittoriche e formali del maestro si definiscono quindi nella loro chiarezza e coerenza compositiva. Colpisce innnanzi tutto il costante impiego della superficie pittorica  fuori misura, costituita essenzialmente da tavolette di legno, che il maestro utilizza in tutte le sue molteplici possibilità, alla ricerca della novità e della diversità dentro la ripetizione di una forma che si trasforma in modulo elastico e versatile. Gli elementi che compongono le tematiche pittoriche vengono disposte sul supporto con sorvegliata attenzione, così come la definizione dello spazio risulta accuratamente controllato e scelto in funzione di ogni quadro, del suo soggetto dell'immagine complessiva. Il segno, maturato attraverso passaggi studiati e pazientemente sperimentati, si piega alle esigenze pittoriche dell'artista, arrivando, nelle opere più recenti, ad una valenza più espressiva, pur mentenendosi nei limiti di una ricerca controllata e attentamente sorvegliata. E poi c'è il colore, anch'esso frutto di un lungo e sofferto percorso artistico, così apparentemente naturale e libero, ma in realtà scelto e disposto secondo sapienti calcoli di composizione cromatica. Proprio il colore si precisa nei dipinti di Marchetti, come una componente sostanziale dell'immagine pittorica: per mezzo di esso e della sua precisazione via via sempre più definita avviene infatti l'elaborazione finale del quadro: elaborazione che spesso può essere lunga e vitalizzata da ripensamenti e pentimenti, punteggiata da tappe distanti nel tempo, costellata di riprese eseguite anche a distanza di tempo. L'itinerario che porta alla realizzazione delle ultime opere di Marchetti nasce a sua volta da un'altra lunga strada, che ha visto l'artista passare attraverso fasi diverse   e successive, sebbene coerentemente e dialetticamente collegate tra loro. Per un inizio significativo nel percorso del pittore è necessario ritornare agli anni Sessanta dove i dipinti sono  riconoscibili dalla stesura del colore a larghe campiture dominate dal colore blu, caratterizzate da figure o da ambientazioni che risentono della macchia trasposte su tele a sacco, preliminarmente preparate con un fondo quasi sempre scuro. Necessiterà attende la fine degli anni Ottanta per vedere una nuova pittura che attraverso ripensamenti e meditate sperimentazioni si evolve in una diversa fase: in essa l'Artista allarga la tavolozza a nuove cromie e impasti , utilizzando soggetti mai trattati precedentemente. Appaiono così spazi aperti della natura, i larghi squarci di cielo terso oppure inquietato da nuvole luminose. Capostipite di questo serial è il dipinto, olio su tavola, "Panorama di Melegnano" del 1989, successivamente "Panorama di Lodi" poi ancora "La chiesa di San Francesco a Lodi" soggetti questi dove  la visione si mostra sempre chiusa dai segni lasciati dall'uomo: in questo gruppo di opere appare infatti costantemente il motivo di una ipotetica  rete, che può delimitare solo una parte dello spazio del quadro o anche di chiuderlo quasi totalmente con la presenza di artifizi pittorici che fissano una sorta di argine, oltre il quale lo sguardo è precluso. La pittura si precisa con un segno puntuale e minuzioso, che rende l'immagine sempre più aderente al reale. Le opere di questi ultimi anni sono ancora più evolute, hanno visto Marchetti aprire senza timori gli spazi del quadro. Egli stesso è solito dire che: "...tra il pittore e il soggetto rappresentato ci deve essere un dialogo [...] bisogna parlare con il quadro sempre e costantemente..." Tutto ciò ha del profondo.  La destrezza della mano in un modo naturale porta l'Artista alla stessa conclusione. La produzione artistica attuale ha visto la nascita di nuovi temi quali:  il "trittico toscano" , il "trittico dell'Elba" ed infine "Il Castello Mediceo" "La chiesa di San Pietro" e "La chiesa di San Rocco" dipinti dei quali sono state altresì ricavate delle cartoline da collezione. L'ultimo esame che rimane da svolgere riguarda le prospettive. E' importante far rilevare che gli oggetti vengono disposti, da Marchetti, in modo da trascinare lo spettatore dentro l'immagine: diventa così più forte la partecipazione all'atmosfera pittorica, alla sua solitudine sospesa , da sempre coerentemente presenti nella sua produzione. In ogni caso, la pittura del maestro livornese non appare interessata alla semplice riproduzione di pezzi del mondo reale, pur ispirandosi ad esso. I luoghi raffigurati, infatti si propongono come "spazi dell'anima":  in essi ognuno di noi può riconoscere quel particolare pomeriggio assolato in campagna o quel tramonto ai margini della città o ancora quel cielo plumbeo sopra il cascinale che ha segnato un momento indimenticabile ed unico nel percorso irripetibile della nostra esistenza. L'artista, poi dice Mann, è l'ultimo a farsi illusioni a proposito della sua influenza sul destino degli uomini [...] l'arte non è una forza, è soltanto una consolazione.
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