Era
poco più che ventenne, Italo Martinenghi, quando all'inizio del
Novecento inizia, quasi in sordina, a raccogliere i frutti della sua esperienza
pittorica. La critica e il pubblico sono conquistati da quei suoi
dipinti evocativi e vibranti, preziosi nei colori e succosi nelle paste,
in cui la realtà appare come trasfigurata da una sensibilità
prensile e sensuale sino a sfiorare talvolta la morbosità, ma intrisa
al contempo da una forte spiritualità di marca umanitaria.
Italo Martinenghi - nota puntualmente Marchini che era suo coetaneo - si
era formato nella Milano fin-de-siècle, introversa e crepuscolare
di Giuseppe Bertini (1825-1898) e Stefano Bruzzi (1835-1911). I suoi, seppur
tenui, legami con il mondo culturale e pittorico melegnanese risalgono
al periodo giovanile e così l'amicizia con l'inseparabile dottor
Vincenzo Benini (1890-1973) e i pittori: Francesco Fiocchi (1856-1936),
Ester Bassi (1885-1944) e Guido Zuccaro. Inevitabile che il clima
culturale di cui si nutriva quel gruppo di intellettuali sofisticati, in
bilico tra decadentismo estetizzante e socialismo umanitario, si riverberasse
nella pittura dei primi anni di attività del Martinenghi. E' inevitabile
che lui, ancora giovanissimo, non rinnegasse il sontuoso realismo del suo
maestro Stefano Bersani (1872-1914) ma fu anche attratto dal decadentismo
raffinato di Bistolfi, dal divisionismo di Segantini, dai toni freddi e
bassi di Whistler e, più d'ogni altro, ai modi di Carrière,
il pittore nei cui dipinti le figure emergono, come accese da un lampo,
da fondi cupi, pastosi e indistinti. Di tali artisti Martinenghi ne fu
lungamente e consapevolmente debitore, come documentano i numerosi ritratti,
eseguiti con la tecnica ad olio su tela, commissionatogli da diversi personaggi
anche melegnanesi, come per esempio il ritratto che il Nostro eseguì
ad un personaggio melegnanese, che era alle sue dipendenze come operaio:
"el Fermin" eseguito nel 1920. Italo Martinenghi nacque a Melegnano
il 16 febbraio 1880 da genitori di modeste condizioni sociali; il padre
Angelo anch'esso di origini schiettamente meregnanine era nato appunto
a Melegnano nel 1845 e deceduto ivi nel 1910, questi era titolare di una
segheria che si trovava in zona Maiocca, al di là del cavo Spazzola,
la madre Anna Servida, classe 1846, era di origini pavesi, avviata dai
genitori sin da giovane a lavori domestici, accudiva alla casa e
seguiva il marito nella conduzione e avviamento della piccola attività,
Anna morì a Melegnano nel 1912, all'età di sessantacinque
anni. Angelo Martinenghi ebbe due figli: Italo e Amilcare. Entrambi
intrapresero l'arte della pittura uno aprì un'azienda a Melegnano
l'altro a Busto Arsizio. Italo Martinenghi ebbe come maestri Stefano Bersani
dal quale apprese l'arte dell'affresco e Cesare Quarenghi che gli insegnò
le varie tecniche della pittura ad olio. Il Nostro fu altresì
coetaneo e amico del melegnanese Vitaliano Marchini (1888-1970) noto scultore,
insegnante di figura modellata alla Scuola degli Artefici di Brera.
Italo Martinenghi fu legato a Vitaliano Marchini da una fraterna e duratura
amicizia; Italo gli fu accanto durante la sua giovinezza e gli fu guida
paterna. Di lui il Marchini lasciò uno scritto che testualmente
dice: "....E' bene ricordare la figura semplice, umile e buona di quest'uomo,
solitario nel suo lavoro e nello studio del disegno e della pittura, che
ha dedicato tanta parte della sua vita per scoprire se stesso e i segreti
del colore e della forma. Molto ho imparato da lui, anche se poi non l'ho
seguito nella sua arte. I miei primi tentativi plastici li ho compiuti
nella sua casa col ritratto del figlio Agnolo, allora appena bambino...".
Il contesto storico e gli avvenimenti di fine Ottocento incisero non poco
sulle scelte di Italo: alle prime organizzazioni dei lavoratori di ispirazione
mazziniana ed anarchica, che riflettevano ancora la prevalente composizione
contadina del mondo del lavoro, si andava pian piano sostituendo
il socialismo che nasceva proprio sul finire del secolo. A Melegnano, come
del resto in tutta la Lombardia, le trasformazioni del mondo del lavoro
alimentarono lo sviluppo delle organizzazioni socialiste a cui aderì
anche Italo affiancato successivamente da Gaetano Meda. Gli eventi bellici
della Grande Guerra non crearono conseguenze al Nostro che ne rimase escluso,
questi furono, diversamente, gli anni delle opere a stucco più pregevoli
e dell'esecuzione dei più importanti affreschi. Crea dipinti nuovi,
allora rifiutati dalla critica ma di grande suggestione, dalle paste ricche
e dai colori vividi, in uno stile in linea con le ricerche francesi più
avanzate. Negli anni Venti si lascia sedurre anch'egli dal clima del "ritorno
all'ordine": nascono così idilli classicheggianti che, sebbene perfetti
nell'impaginato e sontuosi nel colore e nella materia, suonano oggi come
esercizi di magistrali virtuosismi , riedizioni moderne di una tradizione
che per lui non è comunque quella allora dominante del Trecento
Quattrocento, che adottò per esempio l'amico Vitaliano Marchini,
ma piuttosto quella del Cinquecento veneto. Nell'arte dell'affresco ebbe
come maestro l'impareggiabile Bersani che gli trasmise tutta la sua verve
compositiva; gli vennero commissionati diversi lavori in varie chiese del
circondario fra cui: l'affresco principale del coro della chiesa di San
Pietro e Biagio in Melegnano, vari affreschi minori nelle Parrocchiali
di San Giuliano Milanese, Colturano, Civesio e la decorazione della Cappella
della Madonna del Rosario della Basilica Minore già Preposituale
di San Giovanni Battista in Melegnano. Nel 1903 Italo Martinenghi
contrasse matrimonio religioso con Ermelinda Barbieri, nata a Villanterio
nel 1884. La cerimonia fu celebrata a Melegnano nella Preposituale di San
Giovanni Battista di Melegnano ed è qui che la neocostituita famiglia
si stabilì, prendendo casa in affitto nel palazzetto Visconti di
proprietà della famiglia Besozzi in piazza Garibaldi. Ubicato nello
stesso edificio vi era anche un negozio di merceria che era gestito da
Ermelinda. Italo ed Ermelinda ebbero tre figli: Anita nata nel 1905 andata
poi in sposa al melegnanese Jolando Gandini scomparso recentemente, Agnolo
nato nel 1910 ed infine Ercolana nata nel 1913. I tre figli di Italo ebbero
ben presto a mancare l'affetto della propria madre, che morì di
polmonite acuta nel 1917. Italo, per via dei suoi impegni di lavoro, non
poteva provvedere all'accudimento dei tre piccoli così decise di
affidare i primi due figli più grandicelli alle cure di qualche
magnanimo parente, mentre Ercolana, la più piccola, venne rinchiusa
in collegio a Lodi: questa, nel 1935, scelse definitivamente la vita claustrale
prendendo i voti nel convento di Sant'Anna a Piacenza, assumendo, da religiosa,
il nome di suor Ermelinda in ricordo della defunta madre scomparsa
prematuramente. Nel 1921, dopo quattro anni dalla morte di Ermelinda,
Italo decide di sposarsi in seconde nozze con Luigia Galleani
nata a Melegnano nel 1884 e ivi deceduta nel 1960, Luigia era figlia di
Pietro Galleani un noto sarto milanese, dalla quale Italo ha una figlia:
Stefania nata a Melegnano nel 1920. Italo Martinenghi, conferma il
figlio Agnolo, era un uomo che non si interessava di alcunchè ad
eccezione del suo lavoro e del suo ideale politico, era un uomo di poche
parole proprio "...casa e lavoro e lavoro e casa..." dedicava parecchio
tempo anche allo studio e alla delineazione della figura umana
producendo opere veramente interessanti fra i quali diversi ritratti fra
cui basti citare quello della moglie e di Mons. Fortunato Casero parroco
a Melegnano dal 1908 al 1937. Nonostante i continui spostamenti di lavoro,
che lo condussero in vari paesi della provincia milanese, possiamo dedurre
con certezza il circuito di formazione che Italo Martinenghi interpone
con altri maestri attivi fino ai primi decenni del Novecento. La sua vita
e il suo itinerario d'artista non infecondo si svolgono con una fluidità
lineare, senza sobbalzi o impennate che potremmo definire pittore di nobile
provincia, tale è la facoltà che manifestano di veleggiare
tranquillamente attraverso esperienze varie e attraenti e di pervenire
a una sintesi che, pur non elevandosi oltre il livello di un eccellente
mestiere, è il risultato di accorte e molteplici riflessioni. A
cominciare dalle prime opere, che si situano poco dopo il 1903 sino alle
ultime, dipinte prima che la paralisi progressiva lo colpisse, databili
nel 1951, il tono quindi pacato, silenzioso e colloquiale, soffuso di verità
e di malinconico riserbo si ripropone costantemente nelle raffigurazioni
sacre nelle quali Italo Martinenghi concentrò, con misura,
suggerimenti assimilati dal Quarenghi e dal Bersani. Sono questi i punti
di riferimento entro i quali prende forma l'opera di Martinenghi che possiede
caratteri stilisticamente così determinati da fissarsi nella memoria.
Il quadro più significativo, dei molti esposti nella interessante
rassegna curata dal Comune di Melegnano lo scorso febbraio, che per taglio
monografico si allinea con la contemporanea esposizione dei dipinti del
figlio Agnolo, ritengo sia "la maternità" dipinto nel quale compare
la discrezione che il soggetto quasi sacro impone, e il naturalismo di
radice verista è riscontrabile diversamente nei piccoli dipinti
paesaggistici. L'opera più tipica, identificante Italo Martinenghi,
fu comunque la composizione ad affresco: esemplifica tutta la maestrìa
del pittore il ciclo di affreschi, eseguiti dall'Artista negli anni Trenta,
tutt'ora esistenti nella chiesa di San Pietro a Melegnano. Nella cupola
centrale sopra l'altare vi è un dipinto raffigurante il Padre Eterno
fra tumulti di nuvole e angeli, questa figura principale ha i panneggi
che gonfiano come trascinati dal vento divino, le braccia aperte
al cielo e gli occhi rivolti in basso. Il pittore voleva dare immagine
all'esperienza mistica, per definizione ineffabile e inesprimibile e per
riuscirci metteva in campo metafore geniali, piegava a straordinarie audacie
le convenzioni figurative. Ai lati della navata centrale vi sono racchiusi
in particolari triangolazioni i Santi più popolari dell'iconografia
fra questi vi sono raffigurati in affresco da sinistra a destra entrando
nella chiesa: San Luca e S.Matteo Evangelisti, San Giovanni B.Vianney,
S.Veronica Giuliani, San Giovanni e San Marco Evangelisti. Del tutto ridimensionati
e diversi appaiono i dipinti eseguiti in varie strutture funerarie
fra le quali di particolare pregio sono gli affreschi delle cappelle Vigo
e Besozzi nel cimitero di Melegnano, dominati dalla presenza del Bersani,
intrise dalle qualificate frequentazioni Braidensi. Tutte le iconografie
del Martinenghi, infine, erano già aggiornate delle nuove mode di
narratività e decorazione di inizio secolo, con esiti formalmente
accativanti. Italo Martinenghi, all'età di settantasette anni a
causa dello sviluppo di una paralisi progressiva, che lo aveva colpito
da qualche anno, morì il 21 ottobre 1954 e fu sepolto nella tomba
di famiglia al cimitero della sua città natìa. |