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Italo Martinenghi (1880 - 1954)
Era poco più che ventenne, Italo Martinenghi, quando all'inizio del Novecento inizia, quasi in sordina, a raccogliere i frutti della sua esperienza pittorica.  La critica e il pubblico sono conquistati da quei suoi dipinti evocativi e vibranti, preziosi nei colori e succosi nelle paste, in cui la realtà appare come trasfigurata da una sensibilità prensile e sensuale sino a sfiorare talvolta la morbosità, ma intrisa al contempo da una forte spiritualità di marca umanitaria.  Italo Martinenghi - nota puntualmente Marchini che era suo coetaneo - si era formato nella Milano fin-de-siècle, introversa e crepuscolare di Giuseppe Bertini (1825-1898) e Stefano Bruzzi (1835-1911). I suoi, seppur tenui, legami con il mondo culturale e pittorico melegnanese risalgono al periodo giovanile e così l'amicizia con l'inseparabile dottor Vincenzo Benini (1890-1973) e i pittori: Francesco Fiocchi (1856-1936), Ester Bassi (1885-1944) e Guido Zuccaro.  Inevitabile che il clima culturale di cui si nutriva quel gruppo di intellettuali sofisticati, in bilico tra decadentismo estetizzante e socialismo umanitario, si riverberasse nella pittura dei primi anni di attività del Martinenghi. E' inevitabile che lui, ancora giovanissimo, non rinnegasse il sontuoso realismo del suo maestro Stefano Bersani (1872-1914) ma fu anche attratto dal decadentismo raffinato di Bistolfi, dal divisionismo di Segantini, dai toni freddi e bassi di Whistler e, più d'ogni altro, ai modi di Carrière, il pittore nei cui dipinti le figure emergono, come accese da un lampo, da fondi cupi, pastosi e indistinti. Di tali artisti Martinenghi ne fu lungamente e consapevolmente debitore, come documentano i numerosi ritratti, eseguiti con la tecnica ad olio su tela, commissionatogli da diversi personaggi anche melegnanesi, come per esempio il ritratto che il Nostro eseguì ad un personaggio melegnanese, che era alle sue dipendenze come operaio: "el Fermin" eseguito nel 1920.  Italo Martinenghi nacque a Melegnano il 16 febbraio 1880 da genitori di modeste condizioni sociali; il padre Angelo anch'esso di origini schiettamente meregnanine era nato appunto a Melegnano nel 1845 e deceduto ivi nel 1910, questi era titolare di una segheria che si trovava in zona Maiocca, al di là del cavo Spazzola, la madre Anna Servida, classe 1846, era di origini pavesi, avviata dai genitori  sin da giovane a lavori domestici, accudiva alla casa e seguiva il marito nella conduzione e avviamento della piccola attività,  Anna morì a Melegnano nel 1912, all'età di sessantacinque anni.  Angelo Martinenghi ebbe due figli: Italo e Amilcare. Entrambi intrapresero l'arte della pittura uno aprì un'azienda a Melegnano l'altro a Busto Arsizio. Italo Martinenghi ebbe come maestri Stefano Bersani dal quale apprese l'arte dell'affresco e Cesare Quarenghi che gli insegnò le varie tecniche della pittura ad olio.  Il Nostro fu altresì coetaneo e amico del melegnanese Vitaliano Marchini (1888-1970) noto scultore, insegnante di figura modellata alla Scuola degli Artefici di Brera.  Italo Martinenghi fu legato a Vitaliano Marchini da una fraterna e duratura amicizia; Italo gli fu accanto durante la sua giovinezza e gli fu guida paterna. Di lui il Marchini lasciò uno scritto che testualmente dice: "....E' bene ricordare la figura semplice, umile e buona di quest'uomo, solitario nel suo lavoro e nello studio del disegno e della pittura, che ha dedicato tanta parte della sua vita per scoprire se stesso e i segreti del colore e della forma. Molto ho imparato da lui, anche se poi non l'ho seguito nella sua arte. I miei primi tentativi plastici li ho compiuti nella sua casa col ritratto del figlio Agnolo, allora appena bambino...".  Il contesto storico e gli avvenimenti di fine Ottocento incisero non poco sulle scelte di Italo: alle prime organizzazioni dei lavoratori di ispirazione mazziniana ed anarchica, che riflettevano ancora la prevalente composizione contadina del mondo del lavoro,  si andava pian piano sostituendo il socialismo che nasceva proprio sul finire del secolo. A Melegnano, come del resto in tutta la Lombardia, le trasformazioni del mondo del lavoro alimentarono lo sviluppo delle organizzazioni socialiste a cui aderì anche Italo affiancato successivamente da Gaetano Meda. Gli eventi bellici della Grande Guerra non crearono conseguenze al Nostro che ne rimase escluso, questi furono, diversamente, gli anni delle opere a stucco più pregevoli e dell'esecuzione dei più importanti affreschi. Crea dipinti nuovi, allora rifiutati dalla critica ma di grande suggestione, dalle paste ricche e dai colori vividi, in uno stile in linea con le ricerche francesi più avanzate. Negli anni Venti si lascia sedurre anch'egli dal clima del "ritorno all'ordine": nascono così idilli classicheggianti che, sebbene perfetti nell'impaginato e sontuosi nel colore e nella materia, suonano oggi come esercizi di magistrali virtuosismi , riedizioni moderne di una tradizione che per lui non è comunque quella allora dominante del Trecento Quattrocento, che adottò per esempio l'amico Vitaliano Marchini, ma piuttosto quella del Cinquecento veneto. Nell'arte dell'affresco ebbe come maestro l'impareggiabile Bersani che gli trasmise tutta la sua verve compositiva; gli vennero commissionati diversi lavori in varie chiese del circondario fra cui: l'affresco principale del coro della chiesa di San Pietro e Biagio in Melegnano, vari affreschi minori nelle Parrocchiali di San Giuliano Milanese, Colturano, Civesio e la decorazione della Cappella della Madonna del Rosario della Basilica Minore già Preposituale di San Giovanni Battista in Melegnano.  Nel 1903 Italo Martinenghi contrasse matrimonio religioso con Ermelinda Barbieri, nata a Villanterio nel 1884. La cerimonia fu celebrata a Melegnano nella Preposituale di San Giovanni Battista di Melegnano ed è qui che la neocostituita famiglia si stabilì, prendendo casa in affitto nel palazzetto Visconti di proprietà della famiglia Besozzi in piazza Garibaldi. Ubicato nello stesso edificio vi era anche un negozio di merceria che era gestito da Ermelinda. Italo ed Ermelinda ebbero tre figli: Anita nata nel 1905 andata poi in sposa al melegnanese Jolando Gandini scomparso recentemente, Agnolo nato nel 1910 ed infine Ercolana nata nel 1913. I tre figli di Italo ebbero ben presto a mancare l'affetto della propria madre, che morì di polmonite acuta nel 1917. Italo, per via dei suoi impegni di lavoro, non poteva provvedere all'accudimento dei tre piccoli così decise di affidare i primi due figli più grandicelli alle cure di qualche magnanimo parente, mentre Ercolana, la più piccola, venne rinchiusa in collegio a Lodi: questa, nel 1935, scelse definitivamente la vita claustrale prendendo i voti nel convento di Sant'Anna a Piacenza, assumendo, da religiosa, il nome di  suor Ermelinda in ricordo della defunta madre scomparsa prematuramente.  Nel 1921, dopo quattro anni dalla morte di Ermelinda, Italo decide  di sposarsi in seconde nozze  con Luigia Galleani nata a Melegnano nel 1884 e ivi deceduta nel 1960, Luigia era figlia di Pietro Galleani un noto sarto milanese, dalla quale Italo ha una figlia: Stefania nata a Melegnano nel 1920.  Italo Martinenghi, conferma il figlio Agnolo, era un uomo che non si interessava di alcunchè ad eccezione del suo lavoro e del suo ideale politico, era un uomo di poche parole proprio "...casa e lavoro e lavoro e casa..." dedicava parecchio tempo anche allo  studio e  alla delineazione della figura umana producendo opere veramente interessanti fra i quali diversi ritratti fra cui basti citare quello della moglie e di Mons. Fortunato Casero parroco a Melegnano dal 1908 al 1937. Nonostante i continui spostamenti di lavoro, che lo condussero in vari paesi della provincia milanese, possiamo dedurre con certezza il circuito di formazione che Italo Martinenghi interpone con altri maestri attivi fino ai primi decenni del Novecento. La sua vita e il suo itinerario d'artista non infecondo si svolgono con una fluidità lineare, senza sobbalzi o impennate che potremmo definire pittore di nobile provincia, tale è la facoltà che manifestano di veleggiare tranquillamente attraverso esperienze  varie e attraenti e di pervenire a una sintesi che, pur non elevandosi oltre il livello di un eccellente mestiere, è il risultato di accorte e molteplici riflessioni. A cominciare dalle prime opere, che si situano poco dopo il 1903 sino alle ultime,  dipinte prima che la paralisi progressiva lo colpisse, databili nel 1951, il tono quindi pacato, silenzioso e colloquiale, soffuso di verità e di malinconico riserbo si ripropone costantemente nelle raffigurazioni sacre nelle quali Italo Martinenghi  concentrò, con misura, suggerimenti assimilati dal Quarenghi e dal Bersani. Sono questi i punti di riferimento entro i quali prende forma l'opera di Martinenghi che possiede caratteri stilisticamente così determinati da fissarsi nella memoria.  Il quadro più significativo, dei molti esposti nella interessante rassegna curata dal Comune di Melegnano lo scorso febbraio, che per taglio monografico si allinea con la contemporanea esposizione dei dipinti del figlio Agnolo, ritengo sia "la maternità" dipinto nel quale compare la discrezione che il soggetto quasi sacro impone, e il naturalismo di radice verista è riscontrabile diversamente nei piccoli dipinti paesaggistici. L'opera più tipica, identificante Italo Martinenghi, fu comunque la composizione ad affresco: esemplifica tutta la maestrìa del pittore il ciclo di affreschi, eseguiti dall'Artista negli anni Trenta, tutt'ora esistenti nella chiesa di San Pietro a Melegnano. Nella cupola centrale sopra l'altare vi è un dipinto raffigurante il Padre Eterno fra tumulti di nuvole e angeli, questa figura principale ha i panneggi che gonfiano come trascinati dal vento divino,  le braccia aperte al cielo e gli occhi rivolti in basso. Il pittore voleva dare immagine all'esperienza mistica, per definizione ineffabile e inesprimibile e per riuscirci metteva in campo metafore geniali, piegava a straordinarie audacie le convenzioni figurative. Ai lati della navata centrale vi sono racchiusi in particolari triangolazioni i Santi più popolari dell'iconografia fra questi vi sono raffigurati in affresco da sinistra a destra entrando nella chiesa: San Luca e S.Matteo Evangelisti, San Giovanni B.Vianney, S.Veronica Giuliani, San Giovanni e San Marco Evangelisti. Del tutto ridimensionati e diversi  appaiono i dipinti eseguiti in varie strutture funerarie fra le quali di particolare pregio sono gli affreschi delle cappelle Vigo e Besozzi nel cimitero di Melegnano, dominati dalla presenza del Bersani, intrise dalle qualificate frequentazioni Braidensi. Tutte le iconografie del Martinenghi, infine, erano già aggiornate delle nuove mode di narratività e decorazione di inizio secolo, con esiti formalmente accativanti. Italo Martinenghi, all'età di settantasette anni a causa dello sviluppo di una paralisi progressiva, che lo aveva colpito da qualche anno, morì il 21 ottobre 1954 e fu sepolto nella tomba di famiglia al cimitero della sua città natìa.
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