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Ettore Archinti (1878 - 1944)
La parabola umana di Ettore Archinti, dai primi successi artistici fino alla tragica fine nel lager di Flossenburg attraverso alti e bassi di un'indomabile passione civile e politica, ha avuto, nel corso di questi anni, numerosi indagatori che ne hanno  ricomposto  sia la biografia di uomo pubblico, che quella piu' nota di scultore. I contributi piu' efficaci e organici sulla vicenda di Archinti sono quelli pubblicati da Tino Gipponi ad introduzione del catalogo della mostra antologica del 1978 e l'indagine critica curata da Fabio Francione, pubblicata dalla "Edizioni Dei Soncino" e la nuova pubblicazione di Ercole Ongaro uscita in occasione della mostra antologica nel cinquantesimo anniversario del martirio, svoltasi dal 20 novembre al 18 dicembre 1994,  presso il Salone dei Notai del Museo Civico di Lodi. Ettore Alcibiade Vitale Archinti nasce a Lodi il 30 settembre 1878, da Luigi  ed Emma Regorda, mercante di tessuti, professione questa che  assicurerà alla moglie e ai figli un modesto tenore di vita, ma certamente superiore a quello della maggioranza delle famiglie lodigiane. Al termine della scuola elementare Ettore entra come "scalpellino" nel laboratorio di marmi e scultura di Tommaso Giudici, un artigiano lodigiano che realizzava monumenti cimiteriali, abbandonandolo nel 1892 quando si trasferisce con la famiglia a Milano. Questa sarà una breve parentesi perchS l'improvvisa morte del padre costringerà la famiglia a rientrare quasi subito a Lodi. Sul finire dell'Ottocento, Ettore Archinti è comunque annoverato nell'ambiente milanese che assiduamente frequenta. Dopo il lavoro frequenta la "Scuola degli Artefici" presso l'Accademia delle Belle Arti di Brera ove riceve vivi apprezzamenti e validi consigli dai maestri del tempo. Nel 1899 viene chiamato alle armi nel 20° Reggimento Fanteria, la parentesi del servizio di leva si concluderà nel settembre del 1900, anno in cui ritornerà a frequentare le vecchie amicizie dell'ambiente di Brera. Nel 1902 arricchisce la propria esperienza umana ed artistica con un lungo viaggio: visita Parigi, Londra ed altri paesi dell'Est. Nel dicembre dell'anno successivo decide di stabilirsi definitivamente a Lodi applicandosi a tempo pieno alla scultura, che successivamente caratterizzerà  la sua vita.
Inizia un momento di notevole impegno dell'Artista che, per sua natura è  portato ad alternare periodi di riflessione ad altri di spasmodica attività.  Inizia quindi alacremente a creare le sue opere, ad abbozzare figure di uomini e di animali che sembrano nascere dal nulla, conosce e frequenta il maestro Ernesto Bazzaro, noto scultore del tempo, il quale gli organizza una prima Mostra nella quale Ettore Archinti espone piu' di ottanta pezzi fra statue, bozzetti, busti e bassorilievi. Ettore Archinti raggiunge la completa maturità artistica nel 1911, con la mostra di Palazzo Barni dove espone i frutti del nuovo corso fra cui le opere coeve: "Testa di bimbo", "la scimmietta", "Leggendo le pagine di Lelia", "I giorni migliori". Partecipa ad alcuni concorsi fra i piu' significativi: nel 1912 presenta il gruppo "Misero retaggio" al concorso "Tantardini", istituito dal Comune di Milano a favore dei giovani scultori, presieduta da Eugenio Pellini. Si ripresenta l'anno successivo vincendo il concorso con l'opera che ancor oggi è certamente la piu' conosciuta: "Forse è meglio che tu non veda" . Nel 1914 partecipa alla XI° Esposizione Internazionale d'Arte di Venezia. La vita artistica di Archinti viene interrotta dal processo che lo accuserà di diserzione: non essendosi presentato alla chiamata di leva della sua classe nell'occasione della guerra 1915-18.  Dopo tre mesi di carcere fu relagato al confino nell'isola dell'Asinara dove peraltro imperversava il colera. Alla fine della guerra Ettore Archinti, ritorna a Lodi dove nel 1920 viene eletto consigliere comunale e contemporaneamente membro provinciale del Collegio di Lodi. Nel novembre 1920 viene eletto Sindaco di Lodi, carica che durerà sino a giugno del 1922. Le sue scelte politiche ebbero effetti negativi sulla sua arte, in piu' di un'occasione gli viene vietato anche di esporre le sue opere.  La maggior produzione archintiana dal 1925 al 1942 è l'arte cimiteriale, che spazia dal bozzettismo al monumento, in particolare tratta dai Nudi femminili alle figure mitologiche. Di particolare rilevanza sono: "la Pietà Camagni" e il "Cristo orante nell'orto" del sepolcro Maggi nel cimitero Maggiore di Lodi. Interessante per l'uso della ceramica è la Cappella Belloni nel cimitero di Turano Lodigiano. Di stile Novecentista sono invece le statute dell'ultimo periodo, sintetizzate nell'imponente "Dea della Scienza" e "dell'Arte" che adorna una delle facciate delle Scuole professionali di Lodi, da ultimo il "crocefisso in bronzo" situato sulla tomba Pedrinoni-Papini situato nel Cimitero Maggiore di Lodi, del quale una copia è stata donata dall'Archinti al prete di Cavenago. Le ultime energie Archinti le riversò sulla sua ultima opera rimasta peraltro incompita il "San Francesco". Il 21 giugno del 1944 viene arrestato dagli agenti dell'Ufficio Politico Investigativo di Milano e tradotto al carcere di San Vittore poi avviato in un campo di raccolta di Bolzano, per essere poi definitivamente deportato nel campo di sterminio dell'alta Baviera ove morì il 17 novembre del 1944. Poco prima dell'ultima partenza, Ettore Archinti , scrive la frase, che oggi  rileggendola ha il sapore quasi di un commiato: "Coraggio miei cari, l'amore è eterno ed io per sempre resterò fra voi".
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