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La Lex Vatinia e Cesare
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La costituzione data da Silla per il nostro territorio durò fino al 59a.C. quando venne varata la Lex Vatinia : in base a questa legge, proposta dal tribuno della plebe Publio Vatinio ( poi luogotenente di Giulio Cesare in Gallia ), il governo della Gallia Cisalpina era consegnato a Giulio Cesare, generale dell’esercito alla testa di tre legioni.  Giulio Cesare fu il primo a comprendere il pieno valore della Cisalpina, non come territorio in sé, ma come base per una politica espansionistica continentale.  Giulio Cesare inoltre capì che la lotta per la supremazia a Roma dipendeva dal possesso della Cisalpina. Egli fu tra i vari uomini politici del primo secolo a.C. quello che in virtù della lunga  permanenza, delle relazioni personali con i ricchi e con gli esponenti locali più autorevoli, della diretta conoscenza delle città e delle comunità poté crearsi nella Cisalpina una base personale assai solida e farne uno dei distretti di leva militare cui attingere con maggior frequenza.
La promessa della cittadinanza 
Avendo capito il valore della Cisalpina, Giulio Cesare promise la concessione della piena cittadinanza romana ai Cisalpini; e quindi la promessa della conseguente eliminazione della disparità giuridica con il resto d’Italia , servì a legare Giulio Cesare con la maggioranza del paese, cui appartenevano alcuni suoi ufficiali. Qui, nella Cisalpina viveva Calpurnio Pisone, suocero di Cesare, il quale Calpurnio Pisone
proprio a Milano era auctionarius, cioè pubblico ufficiale addetto alla concessione di appalti mediante aste pubbliche.   Nell’opera di attaccamento alla Cisalpina, che ormai veniva anche chiamata Transpadana, Cesare aveva trovato un appoggio anche presso un grande ricco capitalista, Marco Licinio Crasso, il quale sosteneva, come Cesare, che le popolazioni di oltre Po e in tutta l’Italia del nord avevano ormai acquisito di possedere tutte le condizioni per ricevere la piena cittadinanza romana.  Fino a Giulio Cesare ai Transpadani era sempre stata negata l’equiparazione civile giuridica con i cittadini di Roma, mentre però fornivano al reclutamento dei legionari la parte migliore  delle leve italiche.  Il diritto di cittadinanza - che apriva le porte all’elettorato e alle cariche pubbliche e che costituiva la più salda garanzia legale per chiunque possedeva, produceva, e commerciava - era invocato inutilmente da decenni dalle nostre forti e fedeli popolazioni settentrionali; esse si sentivano umiliate dall’ingiusto trattamento, specie in confronto con le regioni più vicine che avevano già ottenuto il desiderato diritto di cittadinanza o ius civitatis.  La parte più conservatrice del senato romano era contraria ad estendere il diritto di cittadinanza al di là dell’Appennino: i conservatori temevano che i continui allargamenti di una prerogativa che in antico era riservata  ai soli cittadini di Roma città , scardinassero tutto l’ordinamento interno della Repubblica.  Ma i tempi cambiavano: i limiti dell’impero erano enormemente spostati sia verso oriente sia verso occidente. La Gallia Cisalpina era da anni chiamata a sopportare gli stessi pesi e le stesse responsabilità del resto d’Italia; come si poteva indugiare più oltre a riconoscerle l’uguaglianza politica e sociale?  Tutti questi erano gli argomenti forti che Giulio Cesare e i suoi amici ripetevano sovente in senato e in incontri privati con i politici più influenti, ma li ripetevano anche davanti al popolo di Roma.   Giulio Cesare , diventato potente nella lotta per la conquista del governo romano e di tutto lo Stato, nell’anno 49 a. C. concesse la piena cittadinanza romana ai Transpadani.
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