Istros |
Istros. Città nella Mesia inferiore. Nome. Originariamente la città si chiamava Ίστρος
come il fiume (Skymnos v. 767 seg.). Non si può però dire se il nome ai tempi
di Erodoto fosse Ίστρος o Ίστρίη
(Herod. II 33). Le monete mostrano che almeno dal IV – II secolo il nome
ufficiale era Ίστρίη
(ΙΣΤΡΙΗ è nominativo) (forse per distinguerla dal
fiume); ma negli scrittori si chiama Ίστρος
(Aristoteles, Skymnos). In epoca romana la forma usuale è Ίστρος
(Strab. 318. 319. Appian. III. 80, o con aspirazione : Histros Ammian. Marc. XXII 8, 43.
Eutrop. VI
10 [Ruf. Fest. brev. 9] Histrum). Ma Arrian. peripl. 35 Ίστρία, così
come Hist. aug. Max. et Balb. 16, 3, mentre alcuni dicono (H)istr(i)opolis
(Plin. n. h. IV 44. 78. 79. Mela II 2. Tab. Peut. Geogr. Rav. 181, 17; tra questi da non contare
Tolom. Geogr. III 10, 3 Ίστρος
πόλις). Luogo. Il luogo dove si trovava la città non ci è
abbastanza noto. Parecchie fonti antiche ci danno esatte indicazioni sulle
distanze; poiché però esse non concordano, si può determinare solo la regione
dove essa si trovava. Secondo Strab. 319 e Tolom. op. cit. la città era
distante 250 stadi da Tomis, secondo l’Itin. Aug. (p. 227) 288 (= 36 miglia
romane), secondo Arriano (loc. cit.) 300, infine, secondo la Tab. Peut., 320
stadi (= 40 miglia romane). Queste distanze ci portano nella regione di
Kassapkiöi e Karanasuf, dove ci sono importanti rovine antiche, o a
Kara-Hầrman, a circa due miglia da Capo Midia, e Gargalak, o infine a
Kara Burun. Cfr. Kiepert FOA XVII. Storia. I. Fu fondata dai Milesi (come deposito
per il Tyras e il Boristene). Ce lo
dicono Erodoto, Skymnos e autori più tardi (Strab. Mela. Plin. Steph. Byz.) e
si può dedurre dalla lingua del famoso decreto di Aristagora (trovato a I.); un
altro esempio è lo stemma cittadino (aquila su un delfino), identico allo
stemma delle colonie milesie di Olbia e Sinope, la φυλή
Αιγικορέων ecc. L’epoca
della fondazione è la seconda metà del VII secolo (Skymnos v. 769-772), ma non
si può dire l’anno. Già intorno al 400 I. ha proprie monete. Aristotele polit.
VIII (V) 6, 1305 b, 2. 11 parla di un passaggio dall’oligarchia alla
democrazia. La guerra di cui racconta Iustin. IX 2 forse non è stata fatta da
questa città ma da una tribù barbarica sul Danubio. Al tempo di Filippo e di
Alessandro I. ha l’autonomia (lo dimostrano Aristotele e le monete), che però
cessa ad opera di Lisimaco. Dopo Lisimaco essa è di nuovo autonoma. Probabilmente alla metà del III secolo I.,
insieme a Kallatis e a Tomi, porta guerra a Bisanzio che risultò vincitrice
(Müller FHG III 537); però I. mantenne l’autonomia. Tuttavia si può osservare
una decadenza di I. sempre più grande la cui causa comunque sono i terreni
alluvionale e la formazione di lagune che danneggiano il commercio. In Strabone
I. ha perso la sua importanza commerciale. Ancora all’epoca di Mitridate, a cui
I. giurò fedeltà coniando monete d’oro con l’effige del figlio di questi,
Ariarate, la città era autonoma. A
questa autonomia pose fine Lucullo nel 72 conquistandola (Eutrop. VI 10. Fest.
(da Eutrop.) 9. Appian. Ill. 30). Nel 62 - 60 a.C. il governatore macedone C.
Antonio Hybrida venne battuto presso I. che si sottomise, però per poco tempo,
al re dacico Burebista (Dio. di Prusa or. XXXVI 4. Dittenberger Syll.
842 Z. 16 segg. Latyschew Athen.
Mitt. XI 202). Dal decreto di Aristagora si vede che I. viene colpita da un
nemico che si ritira ma resta nelle vicinanze e preoccupa costantemente I. per
dieci anni. Il decreto è innalzato in onore di Aristagora, perchè questi si
acquistò molti meriti per la città in questo difficile periodo. Il nemico di
cui stiamo parlando qui è probabilmente Burebista (Dittenberger loc. cit. 325).
Dal decreto vediamo che la costituzione è ancora democratica (il popolo elegge
i funzionari e i sacerdoti, l’assemblea popolare decide gli onori per
Aristagora). La storia ulteriore di I. è sconosciuta. In epoca imperiale essa
appartenne al κoivóv delle città greche (v. xoivòv
των Ελλήνων). All’epoca
di Settimio Severo una ricca monetazione indica una nuova fioritura. Nel 238 I.
cade nelle mani dei Goti (Hist. aug. Max. et Balb. 16), però non fu distrutta
ma solo saccheggiata (perché continua a coniare monete). Anche in seguito I.
viene menzionata spesso. Monete. Il conio di
monete a I. cominciò prima che nelle altre città a sinistra del Ponto (già
intorno al 400). Esso cessò da Lucullo fino all’epoca imperiale. In epoca
imperiale durò fino a Gordiano III. Venivano coniate monete d’argento e di rame
(su quelle d’oro v. sopra). Territorio cittadino. CIL III 12489 r(egio) Histri.
7526 vicus
Ce(r)eris. Cfr. 12488 finis terrae;
cfr. ancora 12487, quando si riferisce a ciò. Forse il territorio di I. andava
a sud fino al fiume Tasoul. Cfr. Pick Antike Münzen Nordgriechenlands I v. Istros. J.
Weiss Die Dobrudscha im Altertum. [Vulić.] |