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Dicius ovvero Detti e proverbi del Campidano di Sardegna
parte sesta

Abarrit cun Deus. Rimanga con Dio. È un saluto cristiano. Dopo aver chiacchierato in lungo e in largo (si fa per dire) due persone( generalmente due donne anziane) si accomiatano salutandosi: “Bah, gomai mia, abarrit cun Deus”! “Comare mia resti con Dio”! Si risponde: “Deus bolat”! = Dio voglia.

Abi chi pungit nci perdit sa matza. Ape che punge perde una parte dell’intestino, insieme al pungiglione, e quindi muore. Tanto tempo fa il Creatore domandò all’ape quale fosse il suo desiderio:” Puntu e mortu”! Chiese l’ape. “Puntu e morta tui”! Rispose Dio. Il detto si adatta a quelle persone  che  fanno male agli altri e si accorgono, troppo tardi, che causano la propria rovina.

Abrìbi torrat su lèppiri a cuìbi. Aprile riporta la lepre al covìle (al giaciglio). In riferimento al rigurgito invernale, in piena primavera: che io ho spudoratamente chiamato l’inverno di San Martino – 13 aprile San Martino Papa.

Accabònu mannu siat. Che sia di grande  buon esito. È un augurio. La frase si costruisce così: a cabu bonu mannu siat.  In latino non proprio classico“suonerebbe” così: Ad caput bonum magnum sit = che abbia esito positivo.

Accappiài is canis a sartitzu. Legare i cani con le salsicce. Il detto si adatta a chi cerca di risolvere un serio problema senza riflessione alcuna.

Acciappàdhu a sa cou. Acchiappalo alla coda. Dicesi per scherzo ad un creditore che ha prestato una bella somma ad una persona che non paga mai i debiti. Il detto si adatta a tantissime altre simili situazioni, come ad esempio ad un cacciatore che ha sparato la lepre fallendola e la rincorre inutilmente. Sono le parole che diciamo ad un bambino che tenta di prendere con le manine un uccellino che vola via; ed altri esempi.

Acciùngi ac(q)ua a mari. Aggiungere acqua al mare. È come ribadire un cosa ha detta ripetutamente: superflua.

Acciùngi linna a su fogu. Aggiungere legna al fuoco. Lo si dice di chi, in una discussione accesa, che rischia di degenerare, invece di tentare di pacificare le parti, aggiunge zizzania.

Accuntentadì de su ki ti ‘onat Deus. Accontentati di quello che Dio ti da. Sono parole generalmente rivolte a chi è in stato di sofferenza, per qualunque motivo, anche economico. “Sia fatta la volontà di Dio”! - risponde il timorato. Ma intanto è dovere di ogni buon cristiano ribellarsi alla cattiva sorte e tentare in ogni modo (lecito s’intende) di uscire fuori da uno stato di sofferenza, qualsiasi ne sia la causa.

Akibi no cassat musca. L’aquila non acchiappa le mosche. Ma cose più sostanziose. Il detto si adatta a tantissime situazioni, in cui la posta in gioco è abbastanza alta. Per esempio è assai difficile che un accanito giocatore del tavolo verde, si faccia una “briscola” al bar “Centrale” quando c’è in palio solo un’aranciata. Il leone preferisce cacciare le gazzella, non le cavallette.

Ac(q)ua a su marracòni, binu a su meloni. Acqua ai maccheroni(spaghetti), vino ai meloni. L’espressione si usa per indicare una scelta giusta, anche se sembra il contrario. Provare per credere! Un “famoso” ubriacone di Gonnosfanadiga, di nome Salvatore Meloni, andava ripetendo questo proverbio, ma perfettamente adattato alle sue esigenze: “ Ac(q)ua a su marracòni e binu a tziu Meloni”!

Ac(q)ua bessit de mari e torrat a mari. L’acqua esce dal mare ed al mare torna. Diciamo degli esseri viventi: “Dalla terra veniamo, alla terra torniamo. Il proverbio insegna che nelle situazioni della vita bisogna sempre tenere conto dell’equilibrio naturale delle cose, a cui è necessario adeguarsi.

Ac(q)ua calàda no tirat mulinu. L’acqua passata non fa girare il mulino. È un proverbio universale. È un ammonimento per chi è troppo frettoloso nelle scelte importanti della vita: per alcune delle quali è impossibile tornare indietro.

Ac(q)ua currenti no abarrat in brenti. L’acqua di sorgente non rimane in pancia. Le persone oneste offrono sempre cose genuine.

Ac(q)ua e bentu, annàda de sermentu; ac(q)ua e soli, annàda de lori; ac(q)ua bentu e soli, annàda de sermentu e de lori; ac(q)ua e frìus, annàda de pippius. Pioggia e vento, vino in aumento; pioggia e sole il grano ne gode; pioggia vento e sole, il vino aumenta, il grano ne gode; pioggia e freddo, buona annata di bambini: quando le giornate erano fredde e piovose, gli uomini stavano in casa, più vicini alle loro mogli…e scarseggiavano i mezzi anticoncezionali.

Ac(q)ua su lena allirgat s’ena. La pioggia lenta, ma costante, ingrossa la falda. Quando il “soldino” arriva, non in grosse quantità, ma con una certa costanza, l’economia familiare si rinforza. Avere uno stipendio o un salario mensile, anche se modesto, era ed è ancora una buona garanzia economica.

Adiosu baràcca! Addio baracca! Si tratta di una esclamazione per precisare la fine di un sogno, di un progetto, di un lavoro, etc. (Non vi è alcun riferimento allo storico e triste tentativo dei fratelli Baracca). Esempio: quando un temporale primaverile, con vento e grandine distrugge la vigna e pure la capanna del viticoltore.
Affumentàu siast. Che ti possano fare un suffumigio. Chi subiva un forte spavento, tale da condizionare il proprio libero agire, veniva sottoposto ad un suffumigio (beniat affumentàu). Poteva farsi in chiesa, con un sacerdote e l’incenso, o in casa con fiori medicamentosi posti in un braciere. Per un forte spavento causato da un fulmine, fui suffumicato anch’io: avevo solo 4 anni.  Mia zia Annetta versò i fiori medicamentosi nel braciere  e col palmo della mano sulla nuca mi piegò con forza verso il braciere ardente, in modo che aspirassi profondamente quel fumo micidiale. Allo spavento subentrò il terrore: stavo per morire asfissiato!


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