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Il
Catasto di Maria Teresa
il Foppone dei morti |
Il Foppone dei morti
Il Vocabolario Milanese-Italiano di Francesco Cherubini del 1839, riporta come significato alla parola "foppa": buca, fossa, sepoltura. Era altresì in uso dei nostri predecessori lombardi dire: "Avegh i pee in la foppa" o "Andà in la foppa" che non era altro che l'equivalente di avoir un pied dans la fosse. Per tutto il Settecento, quindi, la pratica tradizionale della sepoltura nei cimiteri avveniva sostanzialmente in fosse comuni. Il nome improprio di "Foppone", con cui venivano chiamati i luoghi di sepoltura, ebbe origine al tempo delle epidemie di peste, dove per necessità contingenti venivano improvvisate grosse fosse comuni fuori delle mura della città ove far confluire i cadaveri degli appestati. Finita l'emergenza , alcune di queste, con la costruzione di una cinta muraria e l'erezione di una cappella, furono trasformate in normali cimiteri, mantenendo l'appellativo di Fopponi che quindi passò ad indicare i cimiteri in genere. La sepoltura comune era adottata anche dagli ospedali, che a questo scopo erano dotati di appositi cimiteri interni, ricavati negli spazi di cortili e cantinati. Nella prima metà del Settecento il Borgo di Melegnano aveva anch'esso il suo Foppone de' Morti, questo era ubicato a ridosso della vecchia cinta muraria, in luogo delle attuali via Marconi e via XXIII Marzo. Dalla mappa catastale teresiana si evince che seguendo la strada che viene dalla Porta di Milano (el punt de Milan) verso la Piazzetta Visconti (parte dell'attuale Piazza Matteotti e piazza Garibaldi) il Foppone si trovava sulla mano destra (ora via De Bustis) fatto costruire nel 1718, da Carlo Cosmo De' Medici, di forma quadrata, cinto da mura con due cancelli in ferro che si aprivano all'ingresso; vi era all'interno un capitello in cotto sostenuto da quattro piccoli pilastri sotto cui vi era un'altare con la mensa in cotto , sopra della quale posavano ammonticchiati vari teschi di fedeli defunti. In fronte del suddetto capitello si leggevano dei versi latini: "ipse iubet mortis, te meminisse Deus." Di rimpetto al cancello si vedeva dipinta una gran croce con accanto due scheletri di grandezza al naturale. Lo storico Ferdinando Saresani (1811-1875) nei cenni storici "Dell'antico e moderno insigne borgo di Melegnano" in riferimento al Foppone dice : "....quel foppone non segnava una data molto antica; essendo nell'anno 1718 cominciata la sua fabbrica, e ne calò la prima pietra Carlo Cosmo de' Medici, fanciullo allora di sei anni, e divenuto in seguito marchese feudatario di Melegnano. Ma il pensiero che vi diede origine furono tradizioni più di fatti d'una età certamente anteriore: alle quali accennava una sbarra di legno con nel mezzo una croce pure in legno che vi si scorgeva da prima, e segnava ai posteri che là erano stati sepolti coloro che morivano dalla peste nell'anno 1576..." Durante il Censimento Generale del 1722 il geometra De Llinas censì il Foppone de' Morti con la lettera A, unitamente a tutte le proprietà ecclesiastiche che seguivano in ordine alfabetico, volendolo così inserire nei beni esenti da tributi del governo autriaco. Mentre per la gente comune se ne sperdevano i resti del corpo nei vari Fopponi de' morti, le spoglie dei personaggi più importanti venivano conservate quasi sempre nelle immediate vicinanze delle chiese o nei pressi delle proprie abitazioni. La Collegiata di San Giovanni Battista di Melegnano aveva anch'essa annessa nel suo recinto esterno un proprio cimiterio. La descrizione di tale cimitero ci è pervenuta dai Cenni storici del sopracitato F. Saresani che testualmente nel suo saggio dice ".....attiguo alla suddetta facciata (n.d.r. si riferisce alla Collegiata) osservasi un bellissimo portico il cui piano sovrasta la contrada , e di cui archi portavano sopra quattro colonne di vivo, e due lesene di cotto. Nel di lui frontespizio, e framezzo agli archi si vedean dipinti ossami e crani di defunti; e nei lati l'anime purganti. Sotto di esso aprivasi una porta, che dava accesso all'antico cimiterio, sopra cui stava pennellato uno scheletro rappresentante un pontefice, disteso in terra, con di sotto un tappeto, e in atto di sostenere con la destra il capo. Accanto di essa porta si scorgeano due finestre rinchiuse di grate in ferro delicatamente lavorate a martello, con sopra due angioli di grandezza naturale. L'uno di questi angioli afferrava colla destra una tromba e colla sinistra uno svolazzo, in cui stavano scritte queste due parole: ' Surgite mortui ' ; stringea l'altro parimenti una tromba, e nello svolazzo aveva scritto il moto : ' venite ad iudicium ' . Spingendo l'occhio finalmente contro quelle finestre, vedeansi due cappelle, entro le quali, in quella a mano dritta venivano espresse le quattro Marie al sepolcro; e nell'altra a sinistra il Salvator morto tra le braccia della Beata Vergine addolorata appiè alla croce; opera di Giovan Battista Venini, compiuto nel 1743. Questo recinto era molto onorato sia dai melegnanesi che dagli abitanti dei paesi vicini, a testimonianza di ciò vi sono gli atti della sopressa Scuola di San Giuseppe che ne amministrava le entrate. Da tali registri si rilevano, oltre i nominativi delle persone e la loro provenienza, le numerose oblazioni , e i frequenti uffuzi destinati a tale cimitero. |
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