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La letteratura storica
Lo sviluppo della letteratura storica
Un nuovo interesse per la storia si apre con Ferdinando Saresani. Figlio di Stefano e di Maria Crippia abitanti alla Cascina Costigè nella campagna melegnanese, nacque il 6 aprile 1811, ultimo di otto figli. Frequentò le scuole medie presso l’Imperiale Regio Ginnasio Sant’Alessandro di Milano. Poi studiò filosofia nel seminario milanese di Monza e successivamente frequentò i corsi di teologia nel seminario a Milano. Fu ordinato sacerdote nel duomo di Milano dall’arcivescovo Carlo Gaetano Gaisruck (1769-1846). Venne mandato coadiutore a Bustighera fino al 12 settembre 1836, poi fu nominato coadiutore a Melegnano anche con l’incarico di archivista e di prefetto di sacristia.  Nel 1851 prese in considerazione i manoscritti del melegnanese Giacinto Coldani del 1749 e lì arricchì di altre notizie storiche riguardanti Melegnano. E ne venne un volume di notizie melegnanesi preziose. Il volume, tuttavia, fu stampato postumo nel 1886, perché il Saresani morì il 21 gennaio 1875 a Burago Molgora in cui era stato trasferito come parroco. Non c’è più la sua tomba, ma c’è il suo ricordo su una lapide collocata nell’interno sulla cinta muraria cimiteriale.  Saresani è lo studioso che ha salvato dalla dimenticanza secoli di storia melegnanese, conservando manoscritti e memorie come testimonianze che divennero preziose dopo che le truppe del generale Giovanni Radetzky, nella giornata della loro fuga da Milano del 23 marzo 1848, saccheggiarono il nostro archivio comunale.  Come dicemmo, egli raccolse i manoscritti del Coldani, arricchì il testo con altre notizie, vi aggiunse sue personali osservazioni, e nel 1886, ad opera di un gruppo di melegnanesi che assicurarono il loro finanziario contributo, venne alla luce il libro che porta il seguente titolo: “Cenni storici dell’antico e moderno insigne borgo di Melegnano, raccolti in parte colla scorta della manoscritta descrizione che ne fece il M. R. D. Giacinto Coldani, canonico di questa chiesa allora collegiata nell’anno 1749 ed accresciuti ed a più accurata forma condotti per opera del rev. sacerdote Ferdinando Saresani, coadiutore in questa stessa chiesa, nell’anno 1851”. Melegnano, presso la tipografia Giacomo Dedè, 1886.  Il Saresani immagina di scrivere  per la gioventù di Melegnano e, specificando quale saranno le parti del suo lavoro storico, così si esprime: “... avranno i giovanetti di Melegnano come in un sol quadro unito, quanto della loro patria è narrato di più memorando in fatto di bellicosi avvenimenti, di più fastoso in nobiltà di casati, di più celebre per guerresche imprese, di più meraviglioso per ampiezza e verità di scienze, per coltura di belle lettere ed arti liberali, e di più religioso per santità di vita e di costumi. E mi terrò per giunto a quella meta cui solo aspiro, se collo istruirli de’ fatti altrui e innamorarli della rinomanza, cui salirono nei passati tempi i loro predecessori, vedrò accendersi nel loro cuore una nobil fiamma d’amore, che efficacemente gli riscaldi e levi al desiderio d’imitarne gli esempi e riprodurne in loro stessi le azioni”.   L’opera del Saresani dà inizio concreto alla conoscenza della nostra storia e, sebbene egli non abbia potuto vedere la stampa dei suoi manoscritti, tuttavia può essere ritenuto il capostipite degli storici melegnanesi moderni, pur con i suoi comprensibili difetti.
Nella memorialista storica ci si presenta Giuseppe Dezza, ingegnere, architetto, militare. Nacque il 23 febbraio 1830 da Baldassarre e  Carolina Magnani. Si laureò all’università di Pavia il 4 agosto 1851. Andò volontario con Garibaldi nella spedizione dei Mille durante la campagna militare dei garibaldini al Sud del 1860. Percorse tutti i gradi della carriera militare fino ad essere generale.  Conosciutissima è la sua opera come militare e come professionista civile, ma meno conosciute sono le sue Memorie autobiografiche e carteggio, un bel libro stampato a Milano nel 1963.  Quest’opera, oltre all’importanza di farci conoscere la vita pubblica e privata del Dezza, e i grandi avvenimenti politici e bellici dal 1848 al 1870, è di notevole interesse, perché traspare in essa, in maniera significativa, una corrente dell’Ottocento, come, cioè, da posizioni ideologiche e militari garibaldine si potesse giungere a schierarsi con la monarchia, una volta compiuta l’unità e di fronte ai nuovi problemi che si ponevano allo Stato italiano.  Le  Memorie offrono un grande profilo del carattere del Dezza, agganciato alla sua famiglia benestante melegnanese, ma nello stesso tempo attento agli avvenimenti politici lombardi e nazionali, per assicurarne la volontaria e generosa partecipazione.  E’ un libro di 248 pagine, apparentemente una cronaca minuta e giornaliera. Ma dove si avverte un Dezza uomo, nel complesso, del pieno Risorgimento, un uomo che si sentì meno a suo agio nella vita politica successiva, ma che antecedentemente diede tutte le sue energie sui campi di battaglia.  Ci viene davanti tutta l’epopea del nostro Risorgimento: dalle gloriose Cinque Giornate di Milano, quando il Dezza adolescente combatteva sulle barricate, alla guerra del 1859; dalla spedizione dei Mille, che costituisce il capitolo più importante delle Memorie, all’infelice guerra del 1866. E poi passi di Roma capitale, con le frequenti visite di Garibaldi ormai vecchio e malato, e il tentativo dell’Italia di reinserirsi nella politica delle potenze conservatrici d’Europa mediante gli incontri del re Vittorio Emanuele II con i suoi imperiali colleghi d’oltralpe, e le discussioni non sempre pacate alla Camera, e l’ambiente della Corte sabauda semplice e severo dove primeggiano i militari, ben diverso da quello che sarà,  di lì a pochi anni, la Corte fastosa e intellettuale, mondana e raffinata che ruoterà intorno alla coppia regale Umberto-Margherita.  Nelle Memorie, accanto agli storici eventi e ai grandi personaggi, non mancano le piccole cose della vita di ogni giorno.  Dezza scrive con uno stile asciutto, sobrio e misurato. Interessa al Dezza descrivere i fatti senza lasciarsi portare dall’onda emotiva, senza aggettivazione ampollosa o inutilmente esornativa.  Nelle ultime pagine delle Memorie sta un’appendice dove sono riportate alcune lettere del Dezza alla moglie Maria e testi di vari telegrammi. Alla pagina 143 sta un elenco dei migliori fra i Mille, scritto di pugno da Garibaldi, autenticato e completato da Sirtori. Il libro è corredato da molte illustrazioni, ritratti, fotografie, con il diploma di architetto-ingegnere, di autografi, di piani di battaglia,  di appunti di Nino Bixio, di autografi di Garibaldi. Ha la Prefazione di Franco Catalano e l’Introduzione con note a cura di Giorgio Marino. L’editore Renon di Milano ne ha curato la stampa e la diffusione. Ricostruttore di un avvenimento importante nel quale fu coinvolta Melegnano è stato Giacomo Frassi che ci ha lasciato una descrizione particolareggiata della battaglia dell’8 giugno 1859, combattutasi tra i Francesi e gli Austriaci a Melegnano, nell’ambito della seconda guerra per l’indipendenza italiana.   Giacomo Frassi nacque nel 1831 a Melegnano e morì a Milano nel 1893. Si era laureato in ingegneria, e, accanto alla sua specifica professione, si prestò ad essere un preciso e solerte amministratore e benefattore. A Melegnano fu presidente dell’Ospedale Predabissi dal 1887, come anche fu presidente della Congregazione Comunale di Carità dal 1886. Il Frassi fu uno dei promotori di iniziative che portarono alla istituzione della Casa di Riposo di Melegnano, lasciando con testamento la proprietà dell’Albergo Ristorante Madonna (dove oggi è la sede della Cariplo in via Roma) proprio perché, con la riscossione dell’affitto, la Casa di Riposo avesse un sicuro introito finanziario.  Dobbiamo a Giacomo Frassi la descrizione della battaglia dell’ 8 giugno 1859 a Melegnano. Ci manca il manoscritto originale, tuttavia il testo si è salvato perché è stato stampato sulla Guida storica industriale e commerciale di Melegnano, edita con gli auspici del Comune e del Fascio di Combattimento di Melegnano nel 1942. Il testo del Frassi occupa le pagine 19-22. Vi è  anche un piccolo fascicolo rinvenuto recentemente. Il Frassi si dimostra un attento osservatore. Del resto, quando avvenne la battaglia nel 1859, egli aveva 28 anni e abitava nella contrada del Ponte, oggi via Paolo Frisi, cioè nel centro di Melegnano. Descrive i vari passaggi delle truppe, i preparativi austriaci in Melegnano per resistere ad un eventuale attacco dei Francesi, cita decine e decine di località melegnanesi e dei dintorni di Melegnano. Passa poi a narrare la strategia dei combattenti e fornisce certi particolari che nessuna descrizione, italiana o francese, narrò mai. Il Frassi giustamente si dilunga nel racconto delle fasi della battaglia, quasi con freddo e distaccato atteggiamento del cronista che vuole essere fedele ai fatti avvenuti e a non indulgere a sentimenti di passione o di emotività. Si legga,  a modo di esempio, il brano con cui il Frassi descrive i momenti che precedettero la battaglia: "Verso la 6 pomeridiane udissi un colpo di cannone; era il corpo centrale di Baraguey d’Hilliers, divisione Bazaine, che sullo stradale di Milano ingaggiava combattimento contro i due pezzi di artiglieria austriaca appostati all’ingresso del paese. Gli abitanti si rinchiudono nelle loro case, ed alcuni più ansiosi di vedere pei primi la divisa francese e che quindi tardavano a rincasare, vengono pregati dai comandanti austriaci di ritirarsi per il loro meglio, con raccomandazione di non affacciarsi, né ad usci, né a finestre. Con tutto ciò un garzone bottaio per nome Lorenzo Negri, d’anni 17, che abitava la casa a destra dell’Albergo delle Due Spade al N. 48, chiusa la bottega e salito nella camera superiore, andava muovendo le griglie della finestra dietro le quali stava spiando cosa avvenisse nella strada, ma una palla francese lo colpì nel capo e lo stese morto. Fu questa la sola vittima cittadina che si ebbe a deplorare, vittima piuttosto della curiosità che della guerra.".  La descrizione del Frassi è da considerarsi indispensabile qualora si voglia conoscere più dettagliatamente ogni fase, ogni particolare, ogni movimento, ogni risultato dell’avvenimento bellico melegnanese. Ed è stato chiaro il suo metodo per una relazione precisa.

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